sabato 29 ottobre 2016

Verba volant (313): barricata...

Barricata, sost. f.

Ciascuno di noi ha delle parole che gli piacciono più di altre. Per me barricata è una di queste: è una gran bella parola. Perché ci sono state le barricate della Rivoluzione francese, e quelle del '48 e poi quelle della Commune, su cui sventolava la bandiera rossa. E perché ci sono state le barricadas di uno dei più famosi canti anarchici della guerra di Spagna e le barricate delle Quattro giornate di Napoli. E soprattutto da quando vivo qui, perché ci sono state le Barricate di Parma dell'agosto del '22, quelle di Guido Picelli, di Antonio Cieri e delle donne e degli uomini dell'Oltretorrente che seppero resistere ai fascisti. Perché le barricate sono da sempre il simbolo del popolo che resiste e che lotta; e che, su quelle cataste ammassate, apparentemente sempre in procinto di cadere, prova a costruire un futuro diverso.
Capirete quindi quanto io sia furioso con le donne e gli uomini che vivono a Goro, che hanno costruito delle barricate non per difendersi da un nemico, ma per impedire che un gruppetto di donne e di bambini, di persone in fuga dalla loro terra, raggiungesse un asilo temporaneo nel loro paese. Quelle barricate di Goro non sono servite a resistere e a costruire, ma ad offendere e a distruggere. Non sono servite per la rivoluzione, ma per la reazione. Sono arrabbiato perché io ho sempre saputo da che parte stare, ma questa volta è quel popolo a essere dalla parte sbagliata della barricata.
Richiedere asilo è un diritto. Negarlo è una colpa. Sempre. E grave. E' una colpa, se possibile, un po' più grave se vivi a Goro. Perché quel paese soffrì la terribile alluvione del 1951, quella raccontata, tra gli altri, da Giovannino Guareschi e rappresentata in uno dei film di quella serie fortunata - il secondo per la precisione, Il ritorno di don Camillo - in cui, accanto a effetti speciali piuttosto artigianali, ci sono scene girate dallo stesso Guareschi proprio nel corso di quell'evento tragico. Che ovviamente colpì più duramente le realtà intorno alla foce del grande fiume, tanto che viene ricordata come l'alluvione del Polesine. Migliaia di persone furono costrette a lasciare le proprie case e vennero ospitate in giro per l'Italia. I Billi, che erano allora contadini a Veduro, a una quindicina di chilometri da Bologna, accolsero una di quelle famiglie, condividendo il poco che avevano con quelli che evidentemente avevano ancora meno. Forse è più facile essere generosi quando si è poveri: ma non è questo il punto. Ovviamente non pretendo che conoscessero questa storia quei mestatori venuti da fuori, che già quella notte e poi nei giorni successivi hanno condotto quella miserabile protesta, ma credo che chi vive in quelle terre "selvatiche", in cui non è facile vivere, avrebbe dovuto conservare quella memoria. Ma la memoria non viene coltivata né a Goro né nel resto d'Italia. Perché la memoria è faticosa e noi non vogliamo più fare fatica.
Francamente sono molte le cose che mi hanno fatto schifo di quella notte triste, i volti lividi dei "bravi" cittadini che urlavano e alzavano quelle barricate di paura, le loro parole cariche di odio, pur nella retorica del ma noi non siamo razzisti. No, voi siete proprio razzisti, li avete respinti perché hanno la pelle di un colore diverso dalla vostra, perché parlano una lingua diversa dalla vostra, perché sono stranieri. Mi ha fatto schifo il modo in cui hanno usato i loro bambini, chiamati ad assistere a quello spettacolo così poco edificante.  Mi ha fatto schifo il fascismo, perché quello è stato, un episodio di fascismo. Alla faccia di chi dice che fascismo e antifascismo sono categorie superate, consegnate alla storia del Novecento.
Mi hanno fatto schifo però anche molti dei commenti ipocriti di condanna. Ho avuto l'impressione che tanti si siano voluti pulire la coscienza lanciando la loro pietra contro i cittadini di Goro, per non vedere il marcio che c'è intorno a loro, dentro di loro. Come se Goro fosse un'eccezione in questo paese pieno di solidarietà. Balle: Goro è l'Italia, nulla di più, nulla di meno. Goro fa schifo quanto l'Italia fa schifo.
Decidere di mandare quei profughi, per quanto pochi, a Gorino è stato un errore, un errore molto grave. Se fossi maligno direi una provocazione premeditata per creare un'incidente, ma sinceramente credo che il prefetto di Ferrara sia più stupido che criminale. Non so se siete mai andati da quelle parti - peraltro merita andarci perché si tratta di uno scenario naturale unico - ma non è un luogo facile in cui vivere, una terra letteralmente strappata all'acqua, un posto del nostro paese troppo spesso dimenticato, come ce ne sono tanti nella provincia più lontana. Francamente se proprio dovessi sistemare urgentemente un gruppo di profughi non sceglierei un posto come Gorino. Ma forse i profughi in città danno fastidio, i profughi in città si vedono, li vede la moglie del prefetto, li vede tutta la "buona" società; meglio mandarli a Gorino - avrà pensato il prefetto - dove al massimo li vedono quei quattro sfigati che pescano le vongole. E così io faccio bella figura con il ministro perché ho sistemato quei negri di merda in un posto di merda e non ho scontentato i miei amici del circolo. Poi capita che i pescatori di vongole si incazzino per essere trattati sempre così e che dimentichino di essere umani, capita che arrivi qualcuno a fomentare le loro paure, capita che esista una stampa che da anni alimenta queste paure, e allora il povero prefetto - che voleva solo far bella figura - si trovi per le mani un problema che non aveva previsto. E che non sa risolvere.
Eppure li avevo rassicurati che sarebbero stati gli unici, che sarebbero rimasti poco tempo. In Italia chi crede alla parola di un prefetto, di un sindaco, di un ministro? Giustamente nessuno, perché dicono balle ogni giorno. In un paese in cui non possiamo fidarci dello stato in nessuna occasione, perché dovremmo cominciare a credere che proprio in questa dicano la verità, comincino a rispettare gli impegni presi.
La vicenda di Goro è diventata così grave con il passare delle ore perché quei cittadini alla fine hanno vinto la loro miserevole battaglia, perché quelle barricate sono diventate inespugnabili. I cittadini di Goro avevano torto? Sì, avevano torto. E siccome il giudizio sul punto credo sia unanime, quei profughi dovevano essere portati in quell'ostello, a ogni costo, scortati dalla polizia, dall'esercito, da chi volete, come i nove studenti di colore che furono fatti entrare in un liceo dell'Arkansas dalle truppe federali mandate da Eisenhower. Invece sono stati mandati in una struttura della più grande e più servita Codigoro, dove evidentemente li avrebbero dovuti mandare fin dall'inizio.
E quindi quei profughi continueranno a essere quello che sono stati fino ad ora: merci. E siccome molti, non solo a Goro, non vogliono quelli merci, qualcuno si offre di prenderle in carico, ovviamente trattando sul prezzo. Avviene qualcosa del genere con i rifiuti. E come a chi fa affari sui rifiuti poco importa del come si debba fare per diminuirli, così a chi fa affari sui profughi, di qua e di là delle sponde del Mediterraneo, interessa poco fermare questo flusso e soprattutto incidere sulle cause che spingono quei popoli a fuggire. Sta nascendo un'industria dell'accoglienza e a questa industria servono sia i profughi sia le barricate di Goro.
Non pretendo che uno di Goro, che non capisce nemmeno le regole più elementari dell'umana pietà, capisca che ci sono meccanismi nell'economia globale fatti apposta per rendere più povere quelle persone, perché quella povertà permette a pochissimi altri, in altre parti del mondo, di diventare sempre più volgarmente ricchi.  Ma spero che noi sapremo leggere la vicenda di Goro per quello che davvero rappresenta.
Quelle barricate sono servite ai "bravi" cittadini di Goro per difendere il loro invidiabile way of life, in cui non ci sono persone straniere, a parte qualche puttana nera, che fa esotico in certi tristi locali della bassa dove gli italiani si svagano - e si sfogano - dopo una dura giornata di lavoro. Però quello è qualcosa che capiscono, qualcosa che si compra, che si misura con i soldi. A parte qualche lavoratore in nero. Quelli vanno sempre bene.
Quelle barricate di Goro sono servite soprattutto a difendere questo mondo in cui viviamo, un mondo in cui le ingiustizie sono così palesi e sfacciate, in cui lo sfruttamento è così pervasivo, in cui tutti noi valiamo per quello che produciamo, spendiamo, compriamo e buttiamo. Quelle barricate sono servite a difendere questo sistema economico, basato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e per questo il governo si è ben guardato dal distruggere quelle barricate, perché questa volta ci sono loro su quelle barricate, insieme ai loro padroni. Mentre noi siamo qui, per la prima volta sotto le barricate, insieme a quelle donne, a quei bambini, a quel popolo in cammino. E siamo troppo deboli - o così ci hanno fatto credere - per abbattere quelle barricate da cui i padroni non si difendono - non ne hanno bisogno, perché noi non li attacchiamo - ma ci colpiscono. Però almeno dobbiamo essere consapevoli di quale sia la parte giusta.

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