lunedì 18 luglio 2016

Verba volant (290): passaggio...

Passaggio, sost. m.

Per una mia inveterata abitudine diffido delle versioni "ufficiali", ma allo stesso tempo cerco di non dare credito neppure a quelle più fantasiosamente ricche di retroscena: ad esempio non credo che Lee Harvey Osvald abbia ucciso Kennedy, ma non ho mai creduto neppure al "grande complotto", in cui sarebbero stati coinvolti tutti, da Johnson a Hoover, escludendo solo quello che pulisce i gabinetti alla Casa bianca. Provando a capire quello che è successo lo scorso 14 luglio a Nizza credo sarebbe sbagliato partire dalle versioni fornite dal governo francese e dall'Isis, visto che entrambi i soggetti - anche se ovviamente per ragioni diverse - hanno bisogno di accreditare quella strage come un episodio della guerra tra il mondo occidentale e quello musulmano, a cui tutti stanno tentando di portarci. Siccome io non credo a questa guerra, non credo neppure a chi la fomenta. Come noto io credo alla guerra di classe, e sapete anche da che parte sto in questo conflitto.
Leggo che in queste ore le forze di polizia si affannano a catturare i presunti complici di Mohamed Lahouaiej Bouhlel, a costruire la rete islamista di cui avrebbe fatto parte, che gli avrebbe fornito il piano, anche se evidentemente non serve un piano per ammazzare delle persone con un camion: bisogna solo scegliere il momento in cui su una strada ci sono molte persone ferme, ad esempio lo spettacolo pirotecnico del 14 luglio. Al di là di ogni altro disegno politico - di cui dirò - è comunque rassicurante dimostrare che Mohamed era un terrorista, perché un terrorista può essere scoperto, intercettato, perfino fermato, prima che compia il suo disegno di morte. Ma un matto non può essere fermato, se non dopo che ha colpito. Non so se Mohamed fosse pazzo - e non vorrei aprire un dibattito su cosa sia la pazzia - ma certamente dalle notizie che sono state raccolte immediatamente dopo l'attentato, prima che si riuscisse ad accreditare la versione ufficiale, l'attentatore di Nizza non sembra affatto un terrorista islamico. Intanto non era religioso, anzi aveva lasciato la sua famiglia, che invece era molto religiosa, per sposare una donna per metà francese, da cui aveva poi divorziato. Mohamed non frequentava la moschea, non rispettava i precetti del ramadam, Mohamed non era - a dispetto del nome - un musulmano. ma solo uno che era nato in una famiglia di musulmani. Anche'io sono stato battezzato e sono andato all'oratorio da piccolo - come tutti i miei amici - eppure non sono un fondamentalista cattolico.
Mohamed era certamente una persona violenta, era forse disturbato, era uno dei tantissimi che non ha gli strumenti per affrontare un passaggio così difficile, da una famiglia profondamente attaccata a valori tradizionali a una società in cui quei valori sono ostentamente rifiutati. Mohamed viveva in una realtà sociale in cui non era integrato e in cui la maggioranza dei francesi non vuole che questa integrazione avvenga. Il sud della Francia è allo stesso tempo la regione dove vivono più immigrati e quella in cui è da molti anni più forte la destra nazionalista e fascisteggiante dei Le Pen e dove operano gruppi apertamente nazisti e razzisti. E' difficile in tutta Europa essere un immigrato, nella Francia del sud è decisamente più difficile. E ovviamente in un contesto del genere è più facile essere sfruttato, magari da quegli stessi che non vorrebbero che tu fossi lì, come fanno i leghisti di Salsomaggiore - e di tutta Italia - che non vogliono i negri, ma poi danno loro in affitto le case, regolarmente in nero. Ovviamente questo non giustifica che a un certo punto Mohamed abbia preso un camion e lo abbia scagliato contro la folla assiepata sulla promenade des Anglais, ma fa capire che quel camion era impossibile da fermare e che probabilmente la questione religiosa non è così fondamentale, come tutti adesso cercano di spiegare.
Qualcosa del genere è avvenuto nelle settimane scorse ad Orlando. Omar Mateen era probabilmente una persona che viveva come un dramma la propria omosessualità - succede anche ad altre latitudini e anche in contesti dove le persone omosessuali godono di maggiori diritti e di un diverso riconoscimento sociale - che non ha saputo gestire questa contraddizione e ha compiuto quella strage. Anche questo non giustifica l'attentatore, ma ci dovrebbe far riflettere sul fatto che le cose non sono così nette come vogliono farci credere.
Pensate che fortuna inaspettata che sono stati per Isis gli attentati di Orlando e di Nizza: senza fare nulla, senza perdere un uomo, senza sforzi, i capi di quell'organizzazione hanno potuto rivendicare due attentati così spettacolari. E temo che questo succederà ancora molte altre volte, perché stiamo facendo di tutto per far sì che questo avvenga. E che fortuna è stato quell'attentato anche per Hollande e per Valls, che ormai erano costretti a rinunciare allo stato d'emergenza, che è così utile per ostacolare le dimostrazioni dei sindacati e per far passare leggi che altrimenti non sarebbero mai state approvate. Quanto è meglio per tutti - e soprattutto per chi paga sia l'Isis che Hollande - tenere in piedi questa situazione, piuttosto che affrontare le vere questioni, di cui loro sono responsabili.
Io credo che dovremmo fare uno sforzo per non cercare sempre la soluzione più facile, più semplice, più rassicurante. Io sono ateo, non ho una particolare simpatia per i preti - soprattutto per i capi dei preti - qualunque sia la religione che professano, ma sinceramente credo sia sbagliato dare la colpa di tutto quello che sta avvenendo alle religioni. Mi sembra troppo facile, troppo comodo. Proviamo a capire quanto sia difficile vivere nelle nostre società, non solo per chi è immigrato qui, non solo per chi è nato qui da genitori immigrati - e comunque si tratta di condizioni molto diverse, che sarebbe utile cominciare a studiare - ma anche per noi che qui ci siamo nati, da genitori nati qui. Esistono nelle nostre società contraddizioni profonde, di natura economica, sociale, culturale, che spesso non riusciamo ad affrontare e le contraddizioni alla fine sono destinate a scoppiare. E c'è sempre qualcuno più debole, più stupido, più manipolabile, che decide di essere la miccia.
Quando io ero un adolescente intuivo un dramma nei miei genitori, che avrei capito solo qualche anno dopo. Tanti ragazzi un po' più grandi di me caddero nella droga, qualcuno morì, qualcuno ne ha portato i segni per anni. Io vivevo in un piccolissimo paese, allora ci conoscevamo tutti, eravamo famiglie molto simili da un punto di vista sociale, famiglie di lavoratori, di persone che avevano fatto molti sacrifici e che erano riuscite a uscire da una condizione economica difficile: si erano comprate la casa, spesso la seconda auto, cominciavano ad andare in vacanza, magari anche per la "settimana bianca". Evidentemente però c'era qualcosa che non andava, c'erano dei problemi irrisolti, se tanti dei loro figli si sono persi in quel modo drammatico: quel passaggio veloce da un mondo all'altro fu vissuto come un trauma. Noi che eravamo di qualche anno più piccoli ci siamo in qualche modo - e per fortuna - salvati, perché i nostri genitori, vedendo quello che stava succedendo, sono stati più accorti, hanno riflettuto su quello che avveniva, ne hanno parlato; e quel fenomeno che sembrava così grave - e che è stato così grave per tante famiglie - si è molto ridimensionato. Magari sono poi nate altre contraddizioni, perché intanto venivano altre famiglie, portandosi dietro altri problemi, ma il trauma di quel passaggio è stato superato.
Non credo di essere andato fuori tema, ma volevo provare a spiegarvi che credo andrebbe usato un po' dello stesso buon senso, cercando di capire quali sono i problemi veri che hanno queste persone che sono arrivate fin qui e quali sono i problemi dei loro coetanei che qui sono nati, indipendentemente dalla religione delle loro famiglie. Credo che la difficoltà di trovare un lavoro o il fatto di essere sistematicamente sottopagati quando se ne trova uno - condizione che unisce i giovani di tutti i colori, a parte i figli dei ricchi - sia un problema per questi ragazzi - e ancora di più per queste ragazze - molto più che la religione, eppure la mancanza di lavoro o lo sfuttamento dei giovani lavoratori non sono vissuti come un allarme sociale, così come la costruzione di una moschea.
Per nessuno di noi è stato semplice crescere, spesso questo ha comportato un conflitto con i nostri genitori. In alcuni casi i conflitti hanno avuto esiti violenti. Questo secondo me, dal momento che avviene ancora adesso, ha un peso maggiore che la religione. Certo la religione contribuisce a creare questo conflitto. Lo percepisci quando vedi per strada camminare insieme madre e figlia, una con il velo e una senza; quella decisione è stata certamente un'occasione di conflitto in quella famiglia, e non sappiamo quali discussioni ci siano state dietro. Ma non è stato semplice neppure per mia madre affrancarsi dal controllo patriarcale di mio nonno, che non era meno rigido solo perché era socialista, ma in un periodo in cui questa parola si declinava al maschile. Pensate quanto sia sempre più difficile per una giovane donna trovare un proprio ruolo in questa società così spietatamente maschilista, e pensate quanto sia più complicato per quella giovane donna, che già deve lottare contro una società che le è ostile, trovare una stessa ostilità - seppur di segno diverso - nella propria casa. O quanto sia difficile per un ragazzo di una famiglia rigidamente tradizionale scoprirsi omosessuale, bastonato - magari non solo metaforicamente - sia dal padre sia dai razzisti del paese in cui vive, che ovviamente sono anche omofobi.
Stiamo tutti vivendo un passaggio complicato, anche perché siamo vittime di uno sfruttamento economico che ricorda quello della seconda metà dell'Ottocento: le nostre metropoli dovrebbero trovare un nuovo Dickens che ne racconti la povertà e lo sfruttamento. Andare a uno scontro tra noi e loro non ci servirà, anzi peggiorerà solo le cose, perché alla fine di questa terza guerra mondiale che qualcuno dice che stiamo già combattendo, gli unici che ne usciranno più forti saranno i ricchi, i padroni, quelli che adesso sono già forti perché sfruttano la nostra paura e la loro disperazione. Noi e loro - ma siamo sempre noi, solo con una diversa pigmentazione e storie diverse che ci hanno raccontato da bambini - saremo definitivamente sconfitti. Riconoscere che siamo dalla stessa parte sarà un passaggio difficile, ma è l'unico che ci può salvare.

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