giovedì 21 aprile 2016

Verba volant (265): vittoria...

Vittoria, sost. f.

Il 21 aprile 1996 vincemmo le elezioni. All'improvviso mi sono reso conto che sono passati vent'anni: un'enormità.
Questa storia l'ho già raccontata, spero che chi l'ha sentita mi scuserà. Un paio di sere dopo fu convocata una grande manifestazione in piazza Maggiore a Bologna, proprio per festeggiare la vittoria. Da Granarolo eravamo andati in pullman, come al solito; in piazza incontrai un compagno un po' più giovane di me - che adesso è sindaco di un comune vicino a Bologna, è bravo, anche se è del pd - ci abbracciammo e uno di noi due disse: finalmente abbiamo vinto. Non ricordo le parole esatte, ma il senso era proprio questo: abbiamo aspettato tanto, ma finalmente ce l'abbiamo fatta. Mio padre, che era lì vicino, ci guardò, scuotendo la testa; anche in questo caso non ricordo le sue parole, ma il senso era chiaro: quelli della mia generazione possono dire di aver aspettato tanto, voi due è meglio che state zitti. Aveva ragione naturalmente.
In questi vent'anni sono successe molte cose, la più eclatante per me è stato il suicidio di quel partito in cui allora militavamo in tanti, compresi mio padre e io. Dopo quella vittoria, per qualche anno ho fatto il funzionario di quel partito e quindi mi sento una qualche responsabilità per quello che è successo. Non ho la pretesa di fare qui un'analisi politica, ma credo che in quella vittoria ci fosse già il germe che ci ha portato a oggi. Certamente quel governo fu un buon governo, probabilmente il migliore che ha avuto questo paese, e vincere allora è stato importante non per il vincere in sé, ma perché abbiamo fatto delle cose, abbiamo provato a indicare una direzione diversa. Che poi abbiamo progressivamente perso. Anche perché la necessità di vincere ci ha travolti; e infatti per quelli di adesso l'unica cosa che conta è proprio vincere.
Sento che ogni tanto qualcuno dice che dobbiamo tornare allo spirito dell'Ulivo, sogna la nascita di un "nuovo Ulivo". Francamente credo che abbiamo già dato, non solo perché le lancette della storia non possono tornare indietro, ma soprattutto perché non possiamo fare un tale sforzo, una fatica di Sisifo, per tornare a un punto da cui fatalmente ricadremmo nel precipizio.
Come sapete, io penso che occorra prendere un'altra direzione, che occorra ricominciare a parlare di socialismo, che non si debba aver paura di immaginare una prospettiva radicalmente diversa, rivoluzionaria avremmo detto una volta.
Intanto mio padre se n'è andato, io sono più vecchio di vent'anni e francamente non so se festeggerò ancora in piazza una vittoria. 

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