mercoledì 3 giugno 2015

Verba volant (191): indeterminato...

Indeterminato, agg.

Fino a qualche tempo fa una delle conseguenze più tangibili del fatto di avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato - il posto fisso, come si chiamava una volta - era la possibilità di ottenere un mutuo dalla banca, ad esempio per acquistare l'agognata "prima" casa. Per molte persone - anche chi scrive questa definizione - questo è stato il percorso abituale per mettere su famiglia. E infatti uno degli effetti più evidenti della precarizzazione dei rapporti di lavoro e della proliferazione di contratti atipici è stata proprio la difficoltà, per tantissimi ragazzi, di ottenere un finanziamento. Niente contratto a tempo indeterminato, niente mutuo. E, a meno che non intervenissero i genitori, niente casa.
Poi è arrivato il jobs act, ossia - per la propaganda del regime renzista - l'opportunità per tutti di avere finalmente il tanto desiderato contratto a tempo indeterminato, anche se ormai non si parla più di posto fisso. E infatti il pacioso ministro del lavoro di questo tutt'altro che pacioso esecutivo non perde occasione per snoccialare i numeri dei nuovi contratti stipulati in Italia da quando è stata approvata questa nuova legge. Ma perfino il pingue e bugiardo Poletti non si azzarda a dire che all'aumento di questi nuovi contratti a tempo indeterminato corrisponde una crescita di nuovi posti di lavoro. Si tratta semplicemente della trasformazione di contratti a tempo determinato già in essere.
Infatti questo governo, amico dei padroni, ha deciso che per ogni nuova assunzione il padrone godrà di un consistente beneficio fiscale e che potrà licenziare quando vorrà quel nuovo assunto, senza troppe conseguenze, limitandosi a pagare una piccola penale e soprattutto senza essere costretto a una lunga e costosa causa giudiziaria, che finisce per lo più a favore del lavoratore licenziato. Naturalmente i padroni licenziavano anche prima, anche quando c'era l'art. 18, la loro fantasia in questo campo era sfrenata, ma adesso sono infinitamente più liberi, non serve neppure che si sforzino per inventare scuse o per escogitare cavilli contrattuali o per commettere veri e propri reati, come costringere i lavoratori a firmare, insieme al contratto, la lettera di licenziamento in bianco. Grazie al jobs act  ogni nuova assunzione significa per il padrone un guadagno netto, anche calcolando il magro indennizzo dovuto per il licenziamento. Per questo il contratto a tempo indeterminato non corrisponde più al posto fisso, ma solo a una nuova forma di precarietà.
E se il lavoratore neo assunto vuole fare un mutuo? Teoricamente può esibire il suo bel contratto a tempo indeterminato, ma quelli delle banche - che tra l'altro sono molto amici dei padroni e quindi di questo governo - sanno che quell'aggettivo, senza il baluardo dell'art. 18, assume tutto un altro valore. E non si fidano più. Proprio ieri, passeggiando per Parma, mi è capitato di vedere una pubblicità della più grande banca italiana; in questo manifesto è scritto che chi accenderà un mutuo entro il 30 settembre avrà un tasso di interesse particolarmente agevolato, anche se ha un contratto a tutele crescenti. Anche se: ecco la parola chiave che ci fa capire cosa succede a chi chiede un mutuo.
Quindi la regola è che il mutuo a chi ha questo "nuovo" contratto indeterminato non viene più erogato, a meno che la banca non sia particolarmente benigna e non faccia speciali offerte per il periodo estivo. Quindi è cambiata le regola: anche se c'è il contratto a tempo indeterminato, niente mutuo. E, a meno che intervengano i genitori, niente casa. Per altro i genitori possono intervenire sempre meno visto che o sono pensionati o lo stanno per diventare e quindi faticano sempre più ad aiutare i figli.
E quindi cresce una generazione sempre più indeterminata. 

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