lunedì 8 giugno 2015

"Il manifesto delle duemila parole" di Ludvìk Vaculìk

In principio l'esistenza del nostro popolo fu minacciata dalla guerra. Poi seguì un triste periodo i cui avvenimenti misero in pericolo la sua esistenza spirituale e il suo carattere. La maggioranza della popolazione aveva accettato con speranza il programma socialista. Ma la direzione dello Stato pervenne nelle mani di uomini inadatti. Il fatto che non avessero sufficiente esperienza negli affari di Stato né conoscenze scientifiche e preparazione filosofica non avrebbe avuto troppo peso se essi avessero posseduto una maggiore dose di comune buonsenso e di decoro, se avessero ascoltato il parere degli altri e lasciato gradualmente il posto ai più capaci.
Il partito comunista, che dopo la guerra godeva della grande fiducia del popolo, la sostituì gradualmente con la burocrazia e ben presto non gli restò altro. Possiamo ben dirlo, perché tra noi comunisti la delusione per i risultati è grande quanto la delusione degli altri.
Una linea di direzione sbagliata trasformò il partito da associazione ideologica in organizzazione di forza, che offriva grandi occasioni a chiunque fosse assetato di potere, al tornaconto dei codardi e delle coscienze poco pulite. Il loro esempio influiva sul comportamento del partito, la cui struttura non permetteva agli individui onesti di far sentire la loro voce senza incorrere in conseguenze, né di contribuire alla sua trasformazione e di adeguarlo al mondo contemporaneo. Numerosi comunisti si batterono contro questo stato di cose, ma non riuscirono a cambiare niente.

La situazione all'interno del partito comunista serviva da modello per un'analoga situazione nello Stato. La fusione tra il partito e lo Stato fece perdere al partito la capacità di ritirarsi dalle responsabilità esecutive. Non era ammesso criticare l'operato delle organizzazioni statali ed economiche. Il Parlamento dimenticò le sue procedure, il governo dimenticò in qual modo si governa, i direttori dimenticarono come si dirige. Le elezioni non avevano alcun significato, le leggi non contavano. Non potevamo aver fiducia nei nostri rappresentanti né in alcun corpo rappresentativo; se la avevamo, essi non erano in grado di fare alcunché per noi. Ma la cosa peggiore era che ormai non potevamo fidarci l'uno dell'altro. Era in declino l'onore personale e collettivo. L'onestà non portava in nessun posto ed era inutile elogiare la capacità. La maggioranza della popolazione aveva perduto ogni interesse per la cosa pubblica e si occupava solo dei fatti propri. I rapporti umani si erano deformati e il popolo aveva cessato di trovare soddisfazione nel lavoro; in altri termini, si era inaugurato un periodo che minacciava l'integrità spirituale e il carattere del popolo.
Dall'inizio di quest'anno stiamo attraversando un processo di rinnovamento e di democratizzazione. Esso è cominciato all'interno del partito comunista. Bisogna dirlo, sebbene tra di noi lo sappiano anche i non comunisti che finora non si attendevano niente di buono. Bisogna aggiungere soprattutto che tale processo non avrebbe potuto essere iniziato altrove. Perché in tutto questo ventennio soltanto i comunisti hanno avuto modo di vivere una qualche vita politica, soltanto la critica comunista era presente nelle cose che si facevano, soltanto l'opposizione nel partito comunista aveva il privilegio di essere in contatto con l'avversario.
Ecco perché l'iniziativa e gli sforzi dei comunisti democratici rappresentano una parte del debito che tutto il partito deve ai non comunisti per averli tenuti in una posizione di inferiorità. Perciò al partito comunista non è dovuto alcun ringraziamento, anche se bisogna riconoscere che si sta onestamente sforzando di approfittare degli ultimi avvenimenti per salvaguardare il rispetto suo e del popolo.
Il processo di rinnovamento non apporta niente di particolarmente nuovo. Avanza proposte e idee che in gran parte sono più vecchie degli errori del nostro socialismo, e alcune altre emergono da sotto la superficie di quel che è visibile. Avrebbero dovuto essere espresse da molto tempo. Ora, non illudiamoci che per il trionfo di queste idee sia stata determinante solo la forza della giustizia. Determinante per la loro vittoria è stata la debolezza del vecchio sistema di direzione.

Ci rivolgiamo a voi con una speranza che ancora oggi è minacciata. Sono dovuti trascorrere alcuni mesi perché molti di noi si convincessero che possono cominciare a parlare, ma molti altri ancora dubitano che ciò sia possibile. Tuttavia abbiamo cominciato a parlare, scoprendo che se vogliamo sviluppare i nostri pensieri non ci rimane che umanizzare questo regime. Altrimenti la vendetta delle vecchie forze sarebbe crudele. Ci rivolgiamo principalmente a coloro che finora hanno atteso. I giorni che arrivano saranno determinanti per molto tempo.
Si avvicina l'estate con le vacanze, durante le quali, secondo le vecchie abitudini, vorremmo dimenticar tutto. Possiamo essere certi che i nostri cari avversari non si concederanno alcuna vacanza, e mobiliteranno tutte le loro forze per trascorrere poi in pace il Natale! Attenzione dunque a quanto accadrà, cerchiamo di comprendere e di agire conseguentemente. Rinunciamo all'impossibile pretesa che ci sia sempre qualcuno in alto pronto a fornire delle cose una sola interpretazione e una soluzione semplice e unica. Ognuno deve trovare la soluzione per conto suo e assumersene la responsabilità. Soluzioni comuni e concordi possono scaturire soltanto dalla discussione basata sull'indispensabile libertà di parola, che in effetti è certo l'unica nostra possibilità democratica per il presente.
Nei prossimi giorni dovremo dimostrare spirito autonomo di iniziativa e di decisione.
In questi ultimi tempi la gente è inquieta perché il processo di democratizzazione si è arenato. Questa sensazione riflette in parte la stanchezza per i molti giorni di eccitazione e in parte corrisponde allo stato delle cose. Quello trascorso è stato un periodo di sorprendenti rivelazioni, di dimissioni di personalità e di appassionanti dibattiti d'insolita audacia. Ma la lotta tra le varie forze è ancora sotterranea, adesso si combatte per il contenuto e per l'applicazione delle leggi, per la portata delle misure pratiche. Inoltre, ai nuovi ministri, procuratori, presidenti e segretari dobbiamo lasciare del tempo perché possano lavorare. Essi ne hanno diritto per poter giustificare o smentire la fiducia riposta in loro. Oltretutto non ci si può attendere miracoli dagli organi politici centrali. Anche se a malincuore, si sono dimostrati meravigliosamente saggi.

Se in questo momento non è possibile attendersi di più dagli organi politici centrali, bisogna ottenere di più nei circondari e nei distretti, specialmente per quanto riguarda i comunisti. Esigiamo che se ne vadano coloro che hanno abusato del loro potere, dilapidato il patrimonio pubblico e agito non da uomini onesti ma da tiranni. Bisogna solo trovare il modo di farli andar via. Ad esempio: con la critica pubblica, con le risoluzioni, con le dimostrazioni, con lo sciopero, con il boicottaggio delle loro iniziative. Ma bisogna rinunciare all'uso di metodi illegali, sconvenienti e grossolani, che essi potrebbero denunciare a Alexander Dubcek, per tentare d'influenzarlo. La nostra avversione per l'invio di lettere insolenti dev'essere tale che essi, ogni volta che ricevono una lettera, devono poterla considerare come se l'avessero scritta loro stessi. Rilanciamo l'attività del Fronte Nazionale. Esigiamo che le riunioni dei comitati nazionali siano pubbliche. Formiamo speciali comitati di cittadini e commissioni per discutere i problemi volutamente ignorati dai dirigenti. La cosa è semplice: alcune persone si riuniscono, eleggono un presidente, stendono dei verbali, rendono note le loro decisioni, ne chiedono l'attuazione e non permettono di venire messi a tacere. Trasformiamo la stampa distrettuale e locale, degenerata in portavoce dell'apparato, in una libera tribuna di tutte le forze politiche; esigiamo che nei collegi redazionali ci siano rappresentanti del Fronte Nazionale, oppure fondiamo altri giornali. Istituiamo dei comitati per la difesa della libertà di espressione. Organizziamo presso tutte le nostre assemblee un servizio d'ordine. Quando sentiamo strani comunicati, verifichiamoli con l'invio di delegazioni presso le autorità competenti e rendiamo pubbliche le risposte ottenute. Appoggiamo i servizi di sicurezza quando agiscono per la repressione della criminalità; la nostra aspirazione non è il caos né l'incertezza generale. Sottraiamoci agli attaccabrighe, non perdiamo la testa per le questioni politiche. Smascheriamo i confidenti e gli spioni.

In questi ultimi tempi si nota una grande inquietudine per la possibilità che potenze straniere interferiscano nel nostro sviluppo. Di fronte alle superpotenze l'unica nostra alternativa è tener duro, senza assumere iniziative. Possiamo garantire ogni sostegno al nostro governo, se occorre anche con le armi, se esso realizzerà il mandato che gli affideremo; e assicureremo i nostri alleati che terremo fede ai trattati di alleanza, amicizia e commercio.
La trascorsa primavera ci ha nuovamente ridato, come dopo la guerra, una grande occasione. Abbiamo di nuovo la possibilità di riprendere in mano la nostra causa comune, che in ogni caso chiamiamo "socialismo", e darle il volto che meglio corrisponda alla buona opinione che un tempo avevamo di noi stessi. La primavera è appena finita e non tornerà mai più. Il prossimo inverno ci chiarirà tutto.
Concludiamo così il nostro proclama agli operai, ai contadini, agli impiegati, agli artisti, agli scienziati, ai tecnici e a tutti gli altri.

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