lunedì 27 aprile 2015

Verba volant (179): livella...

Livella, sost. f.

'A livella è una poesia celeberrima di Totò, che immagino tutti conosciate. E' una di quelle poesie che viene più citata - spesso a sproposito - che letta, e capita veramente. Infatti viene ricordata spesso dai ricchi e dai potenti, per consolare noi poveri e ultimi. Leggendo quei versi, fingendo di commuoversi, i ricchi sembrano dirci: "vedete che anche noi moriremo, e quando saremo morti saremo tutti uguali, noi e voi". E così, se proprio non riusciamo ad essere contenti della nostra situazione, se proprio continuiamo a dolerci della nostra povertà, dobbiamo almeno rassegnarci: tanto arriverà 'a livella. Solo che non funziona così. Ci hanno fregato. Da sempre.
Facciamo un esempio. Un terremoto è un evento naturale che i ricchi possono permettersi. Le loro case sono costruite per resistere a questi violenti movimenti della crosta terrestre, loro e le loro famiglie hanno tempo per esercitarsi, in modo da comportarsi nella maniera migliore quando la terra comincerà a tremare e, se proprio succede qualcosa, se - nonostante tutte le loro precauzioni - qualche calcinaccio dovesse comunque cadere, c'è sempre qualcuno pronto a intervenire per soccorrerli, per togliere la polvere dai loro giardini così ben curati. E quindi i ricchi, per lo più, sopravvivono a un terremoto, anche molto violento.
I poveri invece vivono in case costruite male - aggiustate alla buona, con materiali scadenti, per spendere il meno possibile - messe lì una sull'altra, così quando crolla la prima crollano tutte le altre - come quando si fanno cadere le tessere del domino. I poveri e le loro famiglie non hanno tempo per fare esercitazioni, neppure i figli dei poveri che, quando vanno a scuola, vanno in scuole costruite male, destinate a crollare anche quando tira il vento. E quando la scossa alla fine arriva, i poveri sono sempre gli ultimi ad essere soccorsi, e non tutti vengono soccorsi. Non sappiamo neppure quanti sono i morti tra i poveri: non possiamo perdere tempo a trovare tutti i cadaveri, tanto i poveri sono tutti uguali. E i ricchi, nonostante la commozione dei primi cinque minuti, non sono molto generosi e spesso qualcuno di loro ruba quello che poco prima gli altri hanno donato per aiutare i poveri. Anzi qualcuno di loro, un po' più bastardo degli altri ricchi, aspetta il terremoto dei poveri, perché per lui sarà una bella occasione per diventare ancora più ricco. 'A livella non funziona con il terremoto, perché muoiono solo i poveri. E con tutte le altre catastrofi naturali, che di naturale hanno ben poco.
Diciamo allora senza ipocrisie che esistono i terremoti "di classe", che uccidono soltanto i poveri. E così quando la furia distruttrice della natura colpisce Haiti o il Nepal le donne e gli uomini di quei paesi muoiono, semplicemente. Non sapremo mai quanti, non sapremo mai i loro nomi. Magari è morto, per caso, anche qualche ricco, e di lui sapremo certamente il nome, recupereremo il suo cadavere, faremo solenni funerali, perché non si può lasciare un ricco, anche se morto, in mezzo ai poveri. Ma di tutti gli altri non ci importa nulla, non saranno mai una notizia per i giornali dei ricchi, che hanno cose ben più importanti di cui occuparsi.
Quelle donne e quegli uomini non sono stati uccisi dal terremoto, come dicono con enfasi retorica i soliti giornali dei ricchi, ma sono stati uccisi uccisi dalla loro povertà, sono stati uccisi dai ricchi, che hanno costruito la loro ricchezza proprio sulle spalle dei poveri. Il terremoto del Nepal - di cui oggi piangiamo per qualche minuto le vittime - così come il terremoto di Haiti - di cui ci siamo già dimenticati, come di tutti gli altri che l'hanno preceduto - non sono altro che episodi della guerra di classe che i ricchi hanno dichiarato ai poveri e che stanno, purtroppo, vincendo. Anche perché noi abbiamo smesso di combattere.
Smettiamo quindi di interpellare sismologi, geologi, scienziati di qualsiasi specie, a cui chiedere quando e dove sarà il prossimo terremoto. Ve lo posso dire io, con matematica certezza, chi sarà la prossima vittima del prossimo terremoto: un povero.

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