mercoledì 15 aprile 2015

Verba volant (176): dimenticare...

Dimenticare, v. tr.

Chi, come me, prova a fare una costante testimonianza di memoria non può dimenticare che il primo filosofo e il primo storico della tradizione occidentale sono due greci, ma nati entrambi a Mileto, le cui rovine sono a cinque chilometri a nord della città turca di Akköy. Uno degli uomini che ha fondato la religione cristiana è un ebreo, cittadino romano, nato nella città di Tarso, nell'attuale provincia turca di Mersin. Uno dei testi più importanti della nostra letteratura è un poema che racconta la storia dell'assedio decennale di una città, le cui rovine si trovano sulla costa turca. Per queste e per molte altre ragioni un europeo sente un legame speciale con quel paese che, pur con le sue peculiarità, è parte integrante dell'Europa, indipendentemente dalle scelte politiche di chi governa - e governerà - la Turchia e l'Unione europea.
La Turchia è un grande paese e come tale ha molte contraddizioni. Allo stesso modo amiamo tante cose degli Stati Uniti, pur detestandone molte altre, forse di più. Ci emozioniamo ogni volta che leggiamo le poesie - sia quelle d'amore sia quelle politiche - di Nazim Hikmet e siamo solidali con le ragazze e i ragazzi che manifestano per la democrazia e per i diritti in quel paese, almeno quanto critichiamo il governo di Erdogan. Proprio per questo credo che quel paese debba fare finalmente i conti con la sua storia, anche in maniera brutale.
Francesco ha fatto bene a ricordare nella maniera più solenne a lui consentita - e quindi durante un rito religioso - il dramma del popolo armeno, usando la parola che deve essere usata: genocidio. Avrebbe potuto esprimere la propria solidarietà al popolo armeno usando altre parole, e sarebbero state comunque significative, ma in questo modo, proprio usando la parola genocidio, ha fatto una cosa utile al popolo turco, prima ancora che a quello armeno. E una cosa utile a tutti noi, perché ci ha costretti a non dimenticare.
Noi lo sappiamo quanto sia difficile fare i conti con la storia peggiore e per questo, da bravi italiani, abbiamo provato a svicolare, a eludere la verità, a dire che in fondo non era poi colpa nostra, che molte decisioni le abbiamo subite. Per i tedeschi è stato ancora più difficile, perché per loro questi piccoli escamotage non erano davvero possibili. E i turchi, prima o poi, dovranno ammettere che nel 1915, cent'anni fa, in un momento drammatico per tutta l'Europa, in anni che hanno segnato una cesura profonda non solo tra due secoli, ma tra due età della storia, fu programmata ed eseguita la cancellazione di un popolo: per questa programmazione sistematica e "scientifica" delle esecuzioni quello armeno può essere considerato il primo genocidio moderno. E altri purtroppo ne seguirono.
La Turchia aspira legittimamente a svolgere un ruolo nel vicino Oriente e lo sta svolgendo, spesso con scelte discutibili, ma non è questo il punto. Le scelte politiche possono cambiare, la storia invece non cambia e fa parte di noi. Se non riusciamo a riconoscere i genocidi del passato, se non riusciamo a parlarne senza infingimenti, non riusciremo a riconoscere quelli che accadono ancora, sotto i nostri occhi. E' passato un anno dal rapimento di 267 ragazze nigeriane nella città di Chibok e ormai ci siamo dimenticati anche di loro. Non ci piace ricordarlo, ma c'è un mondo in cui in cui sono sistematicamente calpestati i diritti umani e le libertà, un mondo in cui lo sterminio degli innocenti è la prassi quotidiana. E i posteri ci chiederanno il conto della nostra ignavia, della nostra fretta di dimenticare.
Dimenticare ha la stessa etimologia di demente: chi dimentica è folle. Ma chi obbliga a dimenticare è un criminale.  

1 commento:

  1. https://www.youtube.com/watch?v=l7xc9kk1FHQ Mayrig
    Io l'ho visto e ho pianto.
    Grazie.

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