martedì 27 gennaio 2015

da "Antigone" (446-470) di Sofocle

Creonte
E tu rispondimi, ma senza molte parole. Conoscevi il mio ordine, il mio divieto?

Antigone
Lo conoscevo. Potevo mai ignorarlo? Esso era noto, chiaro a tutti.

Creonte
E tu hai osato sovvertire queste leggi?

Antigone
Sì, perché non fu Zeus a impormele. Né la Giustizia, che siede laggiù tra gli dei sotterranei, ha stabilito queste leggi per gli uomini. Io non credevo, poi, che i tuoi divieti fossero tanto forti da permettere a un mortale di sovvertire le leggi non scritte, inalterabili, fisse degli dei: quelle che non da oggi, non da ieri vivono, ma eterne: quelle che nessuno sa quando comparvero. Potevo io, per paura di un uomo, dell'attoganza di un uomo, venir meno a queste leggi davanti agli dei? Ben sapevo di essere mortale, e come no?, anche se tu non l'hai decretato, sancito! Morire adesso, prima del tempo, è un guadagno per me. Chiunque vive fra tante sciagure, queste in cui vivo io, continue, come potrà non ritenersi fortunato, contento, se muore? Subire la morte quasi non è un dolore, per me. Sofferto avrei invece, e senza misura, se avessi lasciato insepolto il corpo morto di un figlio di mia madre. Il resto non conta nulla. A te sembrerà ch'io agisca da folle. Ma chi mi accusa di follia, forse è lui, il folle.

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