giovedì 13 marzo 2014

Verba volant (74): sfondo...

Sfondo, sost. m.

Lo sfondo è nel linguaggio degli antichi architetti e pittori lo spazio incassato e riquadrato di volte, archi e pareti, che, proprio perché vuoto, appariva come sfondato; in seguito questa parola ha indicato la parte di un dipinto o di un disegno prospetticamente più lontana e infine la parte più distante del campo visivo rispetto a chi guarda.
Di solito, quando arrivo a casa dopo il lavoro, mangio qualcosa e guardo il notiziario di Rainews24. E' più o meno indecente come gli altri, ma almeno lo si può vedere appunto tutta la giornata, senza i vincoli degli orari, e sotto scorrono le notizie più importanti, per quanto scritte con frequentissimi errori ortografici, spesso imbarazzanti. In quei venti/trenta minuti sono meno reattivo del solito e non tengo vicino il telecomando, per cui tendo a vedere e sentire tutto. In altri momenti della giornata, e specialmente la sera, invece il telecomando lo uso molto, ad esempio è più di un anno che tolgo il volume quando parla l’inquilino del Quirinale o c’è un servizio su di lui e spesso cambio proprio canale quando partono i servizi di cronaca nera, che sono per me la parte più bassa di quel telegiornale. Questa troppo lunga premessa per dire che oggi mi è capitato di vedere tutto il servizio sulle tre bambine uccise dalla madre a Lecco, una cosa che di solito non farei appunto.
Il giornalista di Rainews - come immagino quelli di tutte le altre testate - ha fatto il suo scialbo e svogliato discorsetto - di solito è uno che sta a Roma a fare la cronaca politica ed evidentemente questo lo gratifica di più che parlare di morti ammazzati - avendo sullo sfondo il palazzetto dove viveva quella sventurata famiglia.
A un certo punto, per completezza di informazione, ha indicato a noi spettatori ignoranti, nel senso che ignoriamo, addirittura la scala - la vedete? ci chiedeva - dove è corsa la madre omicida. Ovviamente è una cosa consueta: abbiamo visto centinaia di volte il cancello della casa di Avetrana dove viveva Sarah Scazzi o il portoncino della villetta di Garlasco dove è stata ritrovata Chiara Poggi o decine di altre case altrettanto anonime che la morbosità perversa della televisione ha fatto conoscere all’Italia intera, facendole diventare perfino le mete di un “turismo criminale” sempre in voga, i cui cultori andrebbero puniti con severità implacabile.
Perché lo fate? Perché ci costringete a vedere ogni sera, su ogni canale televisivo, le stesse case, le stesse porte, le stesse finestre? E non vi accontentate, cercate anche i particolari: un pezzo di bravura è l’inquadratura dei campanelli con la zoomata su quello della vittima e dell’assassino. Non sarebbe meglio avere come sfondo una parete bianca e non potreste provare a raccontare un po’ meglio cosa è successo, senza copiarvi gli uni con gli altri?
Un’immagine vale più di mille parole, recita un adagio popolare. Non è vero. Un’immagine inutile non dice nulla e lo sfondo della “casa degli orrori“, come in genere i giornalisti chiamano, con supremo sforzo di fantasia, il luogo del delitto, non serve a nulla. Come non ci serve a nulla vedere le finestre di un ospedale, mentre il solito giornalista, da fuori, ci racconta le condizioni di salute di una persona che è là dentro ricoverata. La cosa divertente è che questi sventurati - dico i giornalisti, non i ricoverati - si sentono grandi reporter proprio perché se ne stanno là fuori, perché fanno i servizi in esterna, con sommo sprezzo del pericolo; pare che una volta uno del Tg2 abbia preso l’influenza, per dire l’eroismo
Quando abbiamo cominciato ad essere obbligati a vedere queste immagini inutili e volgari? Tra l’altro fare questi sfondi brutti è costoso e disturba le persone normali. Se uno mediamente importante, mediamente amato, viene ricoverato in ospedale, le troupe di tutti i telegionali locali e nazionali si piazzano lì davanti e non se vanno finché il paziente esce, con le proprie gambe e con i piedi davanti:decine di mezzi, chilometri di cavi, uno spreco esagerato di energia per far vedere tutti lo stesso fermo immagine.
Questo abuso dello sfondo dal vivo ha poi offerto ad alcuni la possibilità di farsi vedere in televisione. I primi, ormai molti anni fa, sono stati ignari passanti, persone assolutamente inconsapevoli e innocenti, donne e uomini che davvero erano passati da lì per caso, che, notati altrettanto casualmente da qualche amico e familiare, si sono sentiti dire “sai che ti ho visto in televisione“. Poi qualcuno più intraprendente ha fatto in modo di essere al posto giusto al momento giusto; li riconosci, li vedi che telefonano non appena si accende la spia della telecamera: è il segnale convenuto con quelli a casa, che hanno finalmente l’occasione di vedere il proprio caro nel piccolo schermo. Ci sono infine quelli che di questa presenza hanno fatto un mestiere, per quanto vilipeso. Uno fortunatamente è già stato arrestato, purtroppo non per questo fatto, che non costituisce ancora reato, ma per qualche altro vizio non proprio commendevole, ma altri sono ancora a piede libero. Preoccupa in particolare il caso di un giovane grassoccio, rosso di capelli, che ha ancora tanti anni davanti a sé per questo lavoro; speriamo che la giustizia faccia presto il suo corso, anche per lui.
Eppure sarebbe interessante vedere dove vivono le persone protagoniste loro malgrado di fatti di cronaca: un giornalista dovrebbe fare questo. Uno serio dovrebbe farci vedere le periferie dove spesso capitano questi delitti, mostrare il degrado dell’ambiente in cui vivono le vittime.
Questo naturalmente non giustifica chi commette un delitto, ma potrebbe farci capire un po’ meglio il dramma di una madre che per le sue tre figlie non voleva un avvenire in case brutte, in una brutta periferia di provincia, il dramma di una madre che per le sue figlie non voleva una vita come la sua. La gelosia e l’odio che Medea provava giustamente per il fedifrago Giasone non la giustifica, ma ci racconta un dramma. Certo in quel caso c’era un poeta grandissimo come Euripide, nel nostro caso ci sono quattro o cinque giornalisti malpagati, eppure ci sarebbe il modo, se lo volessero, per raccontare, anche con le immagini, le cose in maniera diversa, se non per fare poesia, almeno per fare buona cronaca.

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