lunedì 3 febbraio 2014

Considerazioni libere (384): a proposito di una deriva non inevitabile...

Oggi è il 3 febbraio e, come faccio spesso, ho dedicato il mio primo "cinguettio" della giornata al ricordo di qualcosa che è successo un po' di anni fa. In genere in questo mio personalissimo almanacco vado più indietro, ma questa mattina mi sono fermato al 1991. Infatti il 3 febbraio di quell'anno nasceva il Pds.
Nei limiti dei 140 caratteri imposti con saggezza da Twitter ho scritto: "nonostante quello che è successo molti anni dopo, io penso ancora che quello fu un fatto importante". Questa brevissima frase ha scatenato alcuni commenti, per lo più negativi, di alcuni amici - "sinistri" come me naturalmente - che ritengono che quell'episodio sia l'inizio di una deriva che ha portato alla morte del maggior partito di centrosinistra in Italia e alla nascita, sulle ceneri di quella troppo breve esperienza politica,  di un partito di centro moderato, come è l'attuale Pd. Naturalmente sapete che penso tutto il male possibile del Pd, ma non è di questo che voglio parlare oggi, anche per rispondere un po' più compiutamente a quei compagni.
Sinceramente non credo che nella decisione, lunga e sofferta, che portò la maggioranza delle iscritte e degli iscritti del Pci a far nascere la "cosa", che poi avremmo chiamato Pds, ci sia in nuce il germe che ha portato al Pd e a Renzi. Io ad esempio partecipai con passione a quella fase e ci misi entusiasmo e vidi anche entusiasmo, nonostante il fatto che per molti fu un passaggio complicato e doloroso.
Come sapete parlo di me perché questo conosco e su questo posso testimoniare. I miei genitori erano iscritti al Pci, le persone che conoscevo e stimavo erano iscritte al Pci, il Pci in casa mia era il partito. Semplicemente. Io non ero iscritto al Pci, perché - probabilmente a causa dell'ingenuità e del velleitarismo tipici dei vent'anni - mi consideravo socialista e non mi sembrava corretto iscrivermi a un partito che aveva ancora nel nome quell'aggettivo - comunista - che consideravo sbagliato, nonostante mi fosse stato spiegato - e ne fossi intimamente convinto - che la storia del Pci era ben diversa da quella del Pcus e dei partiti comunisti che avevano piegato le rivoluzioni ungherese e cecoslovacca e che guidavano le dittature dell'Europa orientale. Ero tanto consapevole di questa differenza che non solo votavo Pci e lavoravo alle Feste dell'Unità, ma venni candidato ed eletto nelle liste del partito nel Comune dove allora vivevo.
Quando uscì Palombella rossa di Nanni Moretti mi accorsi improvvisamente che quello che sentivo io era condiviso, era in qualche modo nell'aria, e quindi accolsi con gioia l'annuncio della Bolognina. Come sapete non fu un passaggio semplice, ma vi invito a riguardare il documentario La cosa, sempre di Moretti, e vedrete e sentirete interventi di compagni di base di grande spessore. Io li ricordo i vecchi della mia sezione che sostennero la nascita del nuovo partito con convinzione e non per pigra adesione al funzionario di turno venuto dalla città che illustrava la mozione del segretario - come troppo sbrigativamente dissero quelli che non ci conoscevano e non ci amavano. Peraltro negli anni successivi ho avuto la ventura di fare il funzionario che veniva dalla città e vi assicuro che non era mai semplice convincere quei compagni, perché erano persone abituate a ragionare e che di politica ne capivano.
Il Pds non fu soltanto - come qualcuno adesso dice - la risposta tattica di un gruppo dirigente che vedeva attorno a sé crollare non solo il comunismo internazionale, ma anche il quadro politico italiano. In quegli anni - bisogna sempre ricordarlo - sparirono la Dc e il Psi, travolti, anche ingiustamente, dalla storia che andava in tutt'altra direzione.
Allora volevamo davvero fare un partito diverso, perché - dobbiamo per onestà ricordare anche questo ai nostalgici del Pci, senza se e senza ma - quel partito era sentito da molti come una casa troppo chiusa, un luogo incapace di aprirsi. Volevamo essere un partito saldamente inserito nell'Internazionale socialista e anche - non ma anche, fate attenzione - aperto a movimenti nuovi, penso ad esempio all'esperienza dell'ambientalismo che in Italia è stata così sfortunata. A me allora sembrava possibile e sembrava possibile a molti altri che ci hanno creduto. Eravamo tutti degli illusi? Forse, però eravamo in tanti.
Poi è vero che se siamo arrivati a suicidarci e ad affidarci al maghetto di Firenze vuol dire che abbiamo fatto tantissimi errori; però io rivendico con forza che l'errore di base non fu quella scelta. Da lì potevamo essere qualcosa che non siamo riusciti a diventare, anche perché ad esempio non abbiamo riflettuto a sufficienza sul tema della forma partito, un argomento allora spesso evocato, ma sui cui non lavorammo, tanto che, quando il modello di partito che eravamo si è rilevato del tutto inadeguato, non c'era altro modello con cui sostituirlo, lasciando campo libero all'ideologia delle primarie e al plebiscitarismo del leader, attraverso cui è potuto emergere Renzi. Soprattutto negli anni dopo non abbiamo più riflettuto sul cosa voleva dire essere di sinistra e abbiamo immaginato che l'andare al governo - come abbiamo fatto, seppur in maniera indiretta e a volte rocambolesca - bastasse da solo a costruire un'identità. Non è dal governo che si costruisce un partito, tanto è vero che il Pci era stato costruito proprio perché al governo non c'era mai andato e anzi non superò mai del tutto il trauma - forse inevitabile - della solidarietà nazionale.
Ci sono stati errori di singoli - spesso gravi - per ambizione personale e ci sono stati errori collettivi. Però non era inevitabile morire. Se è successo è perché ce la siamo cercata, ma non perché è nato il Pds.   

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