martedì 12 novembre 2013

Verba volant (7): democrazia...


Democrazia, sost. f.

Oggi mi sono scelto un compito gravoso, anche perché la democrazia andrebbe praticata più che definita; e in questi nostri tempi infelici, la si tende a praticare sempre meno, anche in quei paesi che si dicono democratici.
Nelle Supplici Eschilo racconta la storia delle Danaidi, le cinquanta figlie di Danao, che fuggono ad Argo perché rifiutano il matrimonio con i cinquanta figli di Egitto.
Con un palese anacronismo – che però non appariva stonato al suo pubblico – la mitica Argo del re Pelasgo viene descritta dal tragediografo ateniese come una democrazia: infatti il re non ha il potere di decidere da solo se ospitare o meno in città le supplici figlie di Danao, deve convocare l‘assemblea dei cittadini. Eschilo non rappresenta l’assemblea, non ne aveva i mezzi, dal momento che una tragedia era interpretata da due o al massimo tre attori, oltre al coro, ma usa un espediente teatrale molto frequente. Danao, che ha partecipato a quella drammatica seduta, la racconta alle figlie.
Il vecchio racconta in particolare lo spettacolo delle mani alzate degli Argivi riuniti in assemblea per accettare la proposta del re. I cittadini di Argo si rendono conto che la loro scelta di proteggere le supplici potrebbe provocare una guerra – una guerra che noi spettatori sappiamo che è effettivamente scoppiata e quindi cogliamo ancora di più la drammaticità di quella scelta – ma accettano consapevolmente questo rischio, perché pensano sia una causa giusta.
In questa tragedia c’è, seppure in perifrasi, la prima attestazione del termine democrazia: demou kratousa cheir “la mano del popolo sovrana”, nella bella traduzione di Manara Valgimigli. L’astratto democrazia non ha ancora preso forma, ma si materializza nella mano che esprime il voto. C’è naturalmente commozione nelle parole di Danao: “tutte le destre furono levate / fremette il cielo quando fu deciso”.
Per gli antichi la democrazia è semplicemente questo: persone libere che possono alzare la mano e votare. Ed è qualcosa capace di far fremere il cielo; e anche i cuori.
E per noi cos’è questa benedetta democrazia? Saremmo pronti a mettere a rischio la nostra sicurezza per proteggere le cinquanta figlie di Danao da un matrimonio non voluto? Magari rischiando di perdere i lucrosi contratti commerciali stipulati con i figli di Egitto? E saremmo disposti ad accettare il governo di Pelasgo, che non è neppure passato attraverso le primarie di coalizione?
Immaginiamo un altro possibile finale per la storia raccontata dal tragediografo di Atene; sono certo che anche voi, come il pubblico di Eschilo, accetterete qualche inevitabile anacronismo.
Il capo incontrastato di Forza Argo, un uomo che è diventato ricchissimo in un modo ambiguo e misterioso, fa annunciare dai suoi araldi di essere disponibile ad accogliere in città le supplici, anche se tutte maggiorenni: però, in cambio del suo voto favorevole, l’assemblea degli Argivi dovrebbe annullare qualche sua vecchia condanna.
I capi dell’altra principale fazione della città, Argo democratica, pur dichiarandosi tutti disponibili ad ospitare le vergini, si sono già divisi in almeno quattro correnti, sui tempi e i modi di tale gesto pietoso.
Un piccolo gruppo dell’assemblea non vuole accettare in città le figlie di Danao: che tornino da dove sono arrivate e non vengano a rubare il lavoro alla brave Argive.  Un oratore emergente, diventato popolare in brevissimo tempo con i suoi toni accesi, chiede di mandare a casa tutti i vecchi politicanti, compreso Danao.
Intanto che la discussione in assemblea prosegue in maniera inconcludente, senza arrivare a un voto, i capi della città, il vecchio re – un tempo esponente della fazione più democratica e ora diventato un convinto reazionario – e il suo giovane luogotenente, hanno già stretto un accordo con i figli di Egitto, nel nome della responsabilità e della governabilità. Con buona pace dei sacri valori della costituzione della città.
Le Danaidi a questo punto devono trovarsi un buon avvocato o diventare le ospiti di qualche trasmissione televisiva.
Così va il mondo nella democrazia avanzata.

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