sabato 2 novembre 2013

da "Le ceneri di Gramsci" di Pier Paolo Pasolini


III

Uno straccetto rosso, come quello
arrotolato al collo ai partigiani
e, presso l'urna, sul terreno cereo,

diversamente rossi, due gerani.
Lì tu stai, bandito e con dura eleganza
non cattolica, elencato tra estranei

morti: Le ceneri di Gramsci... Tra speranza
e vecchia sfiducia, ti accosto, capitato
per caso in questa magra serra, innanzi

alla tua tomba, al tuo spirito restato
quaggiù tra questi liberi. (O è qualcosa
di diverso, forse, di più estasiato

e anche di più umile, ebbra simbiosi
d'adolescente di sesso con morte...)
E, da questo paese in cui non ebbe posa

la tua tensione, sento quale torto
- qui nella quiete delle tombe - e insieme
quale ragione - nell'inquieta sorte

nostra - tu avessi stilando le supreme
pagine nei giorni del tuo assassinio.
Ecco qui ad attestare il seme

non ancora disperso dell'antico dominio,
questi morti attaccati a un possesso
che affonda nei secoli il suo abominio

e la sua grandezza: e insieme, ossesso,
quel vibrare d'incudini, in sordina,
soffocato e accorante - dal dimesso

rione - ad attestarne la fine.
Ed ecco qui me stesso... povero, vestito
dei panni che i poveri adocchiano in vetrine

dal rozzo splendore, e che ha smarrito
la sporcizia delle più sperdute strade,
delle panche dei tram, da cui stranito

è il mio giorno: mentre sempre più rade
ho di queste vacanze, nel tormento
del mantenermi in vita; e se mi accade

di amare il mondo non è che per violento
e ingenuo amore sensuale
così come, confuso adolescente, un tempo

l'odiai, se in esso mi feriva il male
borghese di me borghese: e ora, scisso
- con te - il mondo, oggetto non appare

di rancore e quasi di mistico
disprezzo, la parte che ne ha il potere?
Eppure senza il tuo rigore, sussisto

perché non scelgo. Vivo nel non volere
del tramontato dopoguerra: amando
il mondo che odio - nella sua miseria

sprezzante e perso - per un oscuro
scandalo della coscienza...

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