giovedì 7 giugno 2012

"Via a senso unico" di Lucija Stupica


Il rumore del furgone della posta,
come se si recasse a fare compere,
tento di raggiungerlo scendendo le scale,
invece della posta solo la buca vuota delle lettere,
a scrivere ormai sono in pochi, forse lo sanno
i due vecchi dell’angolo che in un mattino assolato han messo
le loro sedie pieghevoli sul marciapiede,
loro sanno, per giornate intere osservano la via
e chiacchierano, tacciono, scrutano, di nuovo parlano,
loro due sanno, mentre il mondo vertiginosamente si lascia andare
lungo la via, che il loro domicilio rimane sempre lo stesso,
mentre portano il bucato in lavanderia,
si lavano i capelli e preparano da mangiare
e di nuovo ognuno sulla propria sedia di plastica,
forse oggi con la mano più tremante di ieri
– ed io bramo di carità,
raccolgo degli insignificanti sassolini –
"Credo di essermi inventata la prima fase."
dice Virginia W.; il primo passo è il più difficile,
sempre qualcosa lo frena, giù per le scale
o nella prima lettera, nel passo verso l’amore, l’invecchiare, la fine,
forse proprio per questo, perché il viaggio è lungo,
come si viaggia a lungo con la poesia,
una volta che ti ha sfiorato lievemente,
come avviene con un contatto che è eterno,
i due vecchi sanno, mentre
i cartelli stradali nella propria lingua
parlano di loro: È una via a senso unico,
indietro non si può, solo proseguire, proseguire...

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