domenica 18 dicembre 2011

da "Il potere dei senza potere" di Václav Havel

Il direttore di un negozio di frutta e verdura mette in vetrina, fra le cipolle e le carote, un’insegna con lo slogan “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”. Perché lo fa? Cosa cerca di comunicare al mondo? È veramente eccitato dall’idea di un’unione tra i lavoratori di tutto il mondo? Il suo entusiasmo è così grande che sente l’insopprimibile impulso di comunicare pubblicamente i suoi ideali? Si è davvero fermato un momento a pensare come una tale unificazione potrebbe verificarsi e che cosa significherebbe?
Penso che si possa tranquillamente presumere che la stragrande maggioranza dei commercianti non pensi mai agli slogan appesi nella loro vetrina, né che li utilizzino per esprimere le loro reali opinioni. Le insegne vengono consegnate al nostro ortolano dall’azienda, insieme alle cipolle e alle carote. Le ha messe tutte in vetrina semplicemente perché è stato fatto in questo modo per anni, perché lo fanno tutti, e perché questo è il modo in cui si deve fare. Se rifiutasse, potrebbe avere dei problemi. Potrebbe essere rimproverato per non aver ottemperato alla decorazione della sua vetrina; qualcuno potrebbe addirittura accusarlo di slealtà. Lo fa perché queste cose devono essere fatte se uno non vuole avere problemi nella vita. Si tratta di una delle migliaia di minuzie che gli garantiscono una vita relativamente tranquilla, “in armonia con la società”, come si suol dire.
L’ortolano ovviamente non mette lo slogan in vetrina perché senta il desiderio di far conoscere al pubblico l’ideale che esprime. Questo, però, non significa che la sua azione non abbia alcun motivo o significato, o che lo slogan non comunichi nulla a nessuno. Lo slogan è veramente un segno e, come tale, esso contiene un messaggio subliminale, ma molto preciso. Verbalmente, potrebbe essere espresso così: “Io, l’ortolano XY, vivo qui e so che cosa devo fare. Mi comporto nella maniera che ci si aspetta da me. Sono affidabile e del tutto irreprensibile. Obbedisco e quindi ho il diritto di essere lasciato in pace”. Questo messaggio, ovviamente, ha un destinatario: esso è diretto in primo luogo ai superiori dell’ortolano, e allo stesso tempo è uno scudo che protegge l’ortolano da parte dei potenziali informatori. Il vero significato dello slogan, quindi, è fermamente radicato nell’esistenza dell’ortolano. Riflette i suoi interessi vitali. Ma quali sono questi interessi vitali?
Prendiamo nota: se l’ortolano fosse stato incaricato di esporre lo slogan “Ho paura e pertanto obbedisco senza fare domande”, non sarebbe quasi indifferente alla sua semantica, nonostante una tale dichiarazione rifletta la pura verità. L’ortolano sarebbe in imbarazzo e si vergognerebbe a mettere una tale dichiarazione inequivocabile del suo degrado in vetrina, e ovviamente è così perché egli è un essere umano e, quindi, ha un senso della propria dignità. Per superare questa complicazione, la sua espressione di lealtà deve assumere la forma di un segno che, almeno sulla sua superficie testuale, indica un livello di convinzione disinteressato. L’ortolano deve poter dire: “Che cosa c’è di sbagliato con i proletari del mondo che si uniscono?” Così il segno aiuta l’ortolano a nascondere a se stesso i bassi fondamenti della sua obbedienza, e nello stesso tempo il basso fondamento del potere al quale obbedisce. Si nasconde dietro la facciata di qualcosa di elevato. E questo qualcosa è l’ideologia.
L’ideologia è un modo falso di rapportarsi al mondo. Offre agli esseri umani l’illusione di una identità, una dignità e una moralità, rendendo più facile al contempo separarsene. In quanto imitazione di qualcosa di sovrapersonale e disinteressato, essa permette alle persone di ingannare la propria coscienza e di nascondere la loro vera posizione, e il loro inglorioso modus vivendi, sia al mondo che a loro stessi. Si tratta di un velo dietro il quale gli esseri umani possono nascondere le loro esistenza fallita, la loro banalità, e il loro adattamento allo status quo. Si tratta di un alibi che tutti possono usare, dall’ortolano, che nasconde la paura di perdere il suo posto di lavoro dietro un presunto interesse per l’unificazione dei lavoratori del mondo, al più alto funzionario, il cui interesse per restare al potere può essere avvolto in frasi circa il servizio alla classe operaia. La funzione primaria dell’ideologia, quindi, è quello di fornire alle persone, sia come vittime che come pilastri del sistema, l’illusione che il sistema è in armonia con l’uomo e con l’ordine dell’universo.
Il sistema tocca le persone ad ogni passo, ma lo fa con i guanti dell’ideologia. Questo è il motivo per cui la vita nel sistema è talmente permeata a fondo con ipocrisia e bugie: la burocrazia di governo è chiamato governo popolare; la classe operaia è schiava in nome della classe operaia; la completa degradazione dei singoli è presentata come la sua definitiva liberazione; celare le informazioni è chiamato divulgazione; la manipolazione autoritaria è chiamata controllo pubblico del potere, l’arbitrarietà e l’abuso di potere sono chiamate stretta osservazione del codice giuridico; la repressione della cultura è chiamata il suo sviluppo; l’espansione dell’influenza imperialistica è presentata come supporto per gli oppressi, la mancanza di libertà di espressione diventa la più alta forma di libertà; le elezioni-farsa diventano la più alta forma di democrazia; il divieto di pensiero indipendente diventa la più scientifica delle visioni del mondo; l’occupazione militare diventa fraterna assistenza. Poiché il regime è vincolato alle proprie menzogne, si deve falsificare tutto. Si falsifica il passato, il presente, e il futuro. Si falsificano le statistiche. Si finge di non possedere un onnipotente apparato di polizia capace di tutto. Si finge di rispettare i diritti umani. Si finge di non perseguitare nessuno. Si finge di non temere niente. Si finge di non fingere.
Perché il nostro ortolano ha dovuto addirittura mettere in vetrina la sua professione di fedeltà? Non lo aveva già fatto sufficientemente in vari modi? Alle riunioni sindacali, dopo tutto, ha sempre votato come dovrebbe. Ha sempre votato alle elezioni come ogni buon cittadino. Perché, dopo tutto questo, deve ancora dichiarare pubblicamente la sua fedeltà? In fondo le persone che oltrepassano a piedi la sua vetrina di certo non si soffermano a leggere che, nel parere dell’ortolano, i lavoratori del mondo dovrebbero unirsi. Il fatto è che non leggono affatto lo slogan, e si può persino assumere non lo vedono neanche. Se si chiedesse a una donna che si è fermata davanti al suo negozio ciò che ha visto in vetrina, potrebbe certamente dire se c’erano o non c’erano pomodori oggi, ma è altamente improbabile che abbia notato la presenza dello slogan, per non parlare di ciò che vi era scritto.
Sembra un’assurdità richiedere all’ortolano di dichiarare pubblicamente la sua fedeltà. Ma ha senso comunque. Le persone ignorano il suo slogan, ma lo fanno perché tali slogan si trovano anche in altre vetrine, su lampioni, bacheche, in finestre d’appartamento e sugli edifici: in effetti sono ovunque. Naturalmente, mentre si ignorano i dettagli, le persone sono molto consapevoli di questo panorama nel suo complesso. E che cos’altro è lo slogan dell’ortolano se non un piccolo componente di questo enorme sfondo alla vita quotidiana?
L’ortolano ha dovuto mettere lo slogan nella sua vetrina, quindi, non nella speranza che qualcuno possa leggerlo ed esserne persuaso, ma per contribuire, insieme con migliaia di altri slogan, al panorama che tutti conoscono bene. Questo panorama, naturalmente, ha un significato subliminale ulteriore: quello di ricordare alle persone dove vivono e che cosa ci si aspetta da loro. Dice loro ciò che tutti gli altri stanno facendo, e indica ciò che devono fare, se non vogliono essere esclusi, isolati, allontanati dalla società, rompere le regole del gioco col rischio della perdita della pace, tranquillità e sicurezza
Ora immaginiamo che un giorno qualcosa nel nostro ortolano scatti e che la smetta di esporre il suo slogan solo perché gli fa comodo. La smette di votare a delle elezioni che riconosce come una farsa. Comincia a dire ciò che pensa veramente alle riunioni politiche. E trova anche la forza dentro di sé per esprimere solidarietà a coloro che la sua coscienza gli comanda di sostenere. In questa rivolta l’ortolano smette di vivere all’interno della menzogna. Egli respinge il rituale e spezza le regole del gioco. Egli scopre nuovamente la sua identità e dignità soppresse. Dà alla sua libertà un concreto significato. La sua rivolta è un tentativo di vivere nella verità.
La resa dei conti non tarderà ad arrivare. Sarà esonerato dal suo posto come direttore del negozio e trasferito al deposito. La sua retribuzione sarà ridotta. Le sue speranze per una vacanza in Bulgaria evaporeranno. L’accesso all’istruzione superiore per i suoi figli sarà minacciato. I suoi superiori lo molesteranno in continuazione e i suoi compagni di lavoro si faranno domande sul suo conto. La maggior parte di coloro che applicano tali sanzioni, tuttavia, non lo farà spinto da qualche interiore convinzione, ma semplicemente sotto la pressione di certe condizioni: le stesse condizioni che una volta spingevano l’ortolano ad esporre gli slogan ufficiali. Essi perseguiteranno l’ortolano perché è quello che ci aspetta da loro, per dimostrare la loro lealtà, o semplicemente come parte del panorama generale, al quale appartiene la consapevolezza che questo è il modo in cui situazioni di questo tipo sono trattate, che questo, di fatto, è come le cose sono sempre state fatte, soprattutto se non vogliono diventare sospetti a loro volta.
Così la struttura del potere, attraverso il comportamento di coloro che effettuano le sanzioni, quelle anonime componenti del sistema, espelle da sé l’ortolano. Sarà lo stesso sistema a punirlo per la sua ribellione, attraverso la sua presenza alienante nelle altre persone. Ed è obbligato a farlo, in modo automatico, per auto-difesa. L’ortolano non ha commesso una semplice, individuale infrazione, isolata nella sua unicità, ma qualcosa di incomparabilmente più grave. Ha infranto le regole del gioco, ha interrotto il gioco in quanto tale. Lo ha esposto come un semplice gioco. Egli ha frantumato il mondo delle apparenze, il pilastro fondamentale del sistema. Egli ha sconvolto la struttura di potere lacerando ciò che lo tiene insieme. Egli ha detto che il re è nudo. E poiché il re in effetti è nudo, qualcosa di estremamente pericoloso è accaduto: con la sua azione, l’ortolano ha affrontato il mondo. Egli ha permesso a tutti di scrutare dietro le quinte. Egli ha dimostrato a tutti che è possibile vivere nella verità. Infatti vivere all’interno della menzogna può fungere da pilastro del sistema solo se la menzogna è universale. Il principio deve permeare e abbracciare tutto.

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