giovedì 2 giugno 2011

Considerazioni libere (235): ancora a proposito di elezioni amministrative...

Passato anche il secondo turno di queste elezioni amministrative e passata soprattutto la sbornia di felicità per i risultati, posso completare le riflessioni che i più pazienti tra voi hanno letto nella "considerazione" n. 231, scritta all'indomani del primo turno. Sostanzialmente quello che avevo scritto alcune settimane fa è stato confermato: "loro" hanno perso. Il ragionamento su chi ha vinto è un po' più articolato.
B. ha perso, hanno vinto Giuliano Pisapia, Luigi de Magistris, Massimo Zedda, Roberto Cosolini, Andrea Ballarè - e quindici giorni fa Piero Fassino, Virginio Merola - e molti altri. Qui c'è la prima anomalia di questo inconsueto voto amministrativo. B. ha giocato questa partita, seguendo regole diverse da quelle previste dai regolamenti, come se un giocatore di calcio scendesse in campo e cominciasse a palleggiare come si fa nel basket; anche se fosse un grande campione, anche se fosse il migliore - ad esempio fosse uno degli Harlem Globtrotter e fosse un virtuoso del palleggio e dei rimbalzi - finirebbe inevitabilmente per perdere, dal momento che tutti gli altri usano i piedi per calciare il pallone. B. ha impostato la sua campagna elettorale come se si votasse per le politiche, chiedendo di fatto agli italiani di rinnovare la loro fiducia verso di lui e il suo governo, invece si dovevano eleggere i sindaci di alcune città, grandi, medie e piccole, e ogni confronto aveva le proprie particolarità, perché ogni città ha una propria storia e proprie caratteristiche. Allo stesso modo, se Pisapia, ottimo candidato per convincere i milanesi - il migliore come è stato dimostrato dalle urne - fosse stato candidato a Napoli, avrebbe probabilmente raggiunto un risultato assai modesto, perché la sua moderazione non sarebbe riuscita a far breccia nel cuore dei napoletani; e, di converso, de Magistris a Milano avrebbe avuto un risultato da prefisso telefonico. Il primo errore di B. è stato proprio quello di giocare questa partita a livello nazionale, tra Milano e Napoli - senza dimenticare nessun altra città - indebolendo in tal modo i candidati del suo schieramento. Non facciamoci allora prendere dall'euforia; B. è stato indebolito, ma non è ancora stato sconfitto, rimane lui il campione del centrodestra italiano, anche perché il tentativo di Fini di costruire un centrodestra "deberlusconizzato" è ormai fallito miseramente. Come ho già scritto più volte, il berlusconismo finirà soltanto con la fine di B. e ora non possiamo sapere cosa accadrà nel quadro politico italiano quando B. non ci sarà più. Aspettiamo quindi a cantar vittoria, ma vediamo comunque cosa c'è stato di positivo in questo voto.
Tra le cose che B. ha dimenticato - e che hanno dimenticato molti altri italiani, perché siamo continuamente immersi nella cronaca e non studiamo più la storia - è che Milano è stata una città tradizionalmente governata dalla sinistra, che negli ultimi 18 anni è stata governata dalla destra (includendo anche il quadriennio di Formentini, che pure non può essere etichettato come tout court di destra). Milano non è una città di destra, ma una città in cui la sinistra negli anni Ottanta ha tradito se stessa e la propria storia, di fatto suicidandosi. Per inciso dovremmo prima o poi, a sinistra, fare una riflessione seria sul Psi di Craxi. La stessa sinistra milanese, per un fenomeno francamente inspiegabile, si è convinta che Milano fosse una città di destra, rinunciando di fatto a contendere l'amministrazione a questo schieramento. Pisapia ha riannodato i fili di quella storia, superando quella frattura storica. Certo ci ha messo del suo, con la capacità di ascoltare le persone, con la gentilezza dei modi, con la forza di riavvicinare alla politica tanti che se erano allontanati: Pisapia è una persona dai toni moderati e dalle idee radicali e ha rappresentato bene quello che Milano vuole essere. Voglio far notare che, sulla scorta dei numeri, Pisapia ha vinto convincendo; sia lui che la Moratti hanno aumentato i voti, in termini assoluti, rispetto al primo turno, ma i voti di Pisapia oltre a essere aumentati di più di quelli della Moratti, hanno superato la soglia di quelli del centrosinistra alle regionali dell'anno passato, mentre quelli della Moratti, nonostante la leggera rimonta, sono continuati a stare al di sotto di quelli del suo schieramento.
Per Milano l'anomalia non è Pisapia, ma è una destra illiberale e confessionale come quella berlusconiana. Forse è utile ricordare che le altre grandi città europee con cui Milano aspira a confrontarsi, come Londra, Parigi, Berlino, Barcellona sono o sono state governate per decenni da amministrazioni di sinistra, spesso su posizioni più progressiste di quelle ufficiali dei loro partiti a livello nazionale. Basti pensare ai lunghi anni in cui Ken Livingstone, Ken "il rosso", ha guidato Londra, con posizioni molto più a sinistra da quelle espresse dal Labour, introducendo tra l'altro la tassa per chi voleva entrare in auto in città. E anche quando il governo di Londra è passato, due anni fa, ai conservatori, è stato eletto sindaco un personaggio fuori dagli schemi, non tradizionale, con un apertura, ad esempio ai temi dell'ambiente, che farebbe impallidire molti esponenti della sinistra italiana. Non è un caso che i sindaci di Parigi e di Berlino siano stati i primi esponenti politici di livello nazionale dei loro paesi a fare outing. In una città europea come Milano l'anomalia è la destra omofoba, razzista e nuclearista di B., non la sinistra moderata di Pisapia. Il problema è che l'Italia non è come Milano, mentre per molti anni nella sinistra si pensava che il problema fosse che Milano non era come l'Italia.
L'anomalia di questo paese continua a essere un Mezzogiorno sempre più ingovernabile, perché ostaggio di una criminalità organizzata sempre più potente e sempre più capace di condizionare il sistema politico e di permeare quello economico. Francamente non so se de Magistris riuscirà a incidere nel profondo su Napoli, non so se ne avrà le capacità. C'è qualcosa di preoccupante in un plebiscito così eclatante, pare il prodromo di un nuovo bassolinismo, cosa di cui Napoli e il Mezzogiorno non hanno certo bisogno. Spero di sbagliarmi e di essere smentito dai fatti; per questo, come ho già detto, credo che sia urgente per il Pd affrontare la questione del sud, sono lì i rischi maggiori. Spero che si sia capito che non esiste - se non nelle petulanti giaculatorie di Cacciari - una questione settentrionale: basta avere candidati seri e fare proposte serie, poi una società che si confronta quotidianamente con l'Europa e con il resto del mondo trarrà le sue conseguenze. Nel sud invece manca la società, l'economia è in mano alle mafie, la politica è fatta di potentati. E la sinistra non ha saputo imporre uno stile politico e di governo diverso.
Sulle prospettive della sinistra ho già parlato in diverse "considerazioni" e ho ripetuto anche prima un concetto a cui tengo: quando la sinistra si ricorda cos'è e quando riesce a presentare proposte e persone valide può vincere. Continuo testardamente a pensare che proprio la crisi economica, causata dalle politiche e dalla cultura ultraliberiste, lasci spazio alle proposte dei socialisti, ma mi pare di essere in minoranza a volermi definire tale. Non insisto, se si vince anche definidendosi democratici, va bene. Una conseguenza importante del voto mi sembra quella che è più importante parlare con le persone piuttosto che baloccarsi a unire sigle e leader politici dal dubbio seguito. Il Partito Democratico - va dà atto a Bersani di aver fatto bene quello che doveva fare - ha saputo fare la propria parte, riuscendo a essere uno dei protagonisti della vittoria, nonostante i maggiori candidati non fossero espressione del suo partito. La vera alleanza che conta, l'unica che conta, è quella con i cittadini, con gli elettori, i presunti generali seguiranno.

p.s. Mi piace sottolineare cosa ha fatto Giuliano Pisapia martedì 31 maggio, nel suo primo giorno da sindaco: ha incontrato alcuni dipendenti comunali, in particolare quelli che lavorano all'anagrafe di via Larga, è tornato dai cittadini delle case popolari di San Siro, ha visitato Norina Brambilla, medaglia d'argento della Resistenza, vedova di Giovanni Pesce, il comandante "Visone", medaglia d'oro della Resistenza.

1 commento:

  1. Bell'articolo Luca.
    Queste elezioni insegnano qualche cosa, forse... che essere "di sinistra" non è qualcosa di cui vergognarsi. Al contario: l'elettore ti premia se sei politicamente identificabile; se, invece, la insitra vuole fare cose "di destra", o dare un'interpretazione "di sinistra" a idee di "destra", è perduta, perché è meglio l'originale, la destra, alla copia (la sinistra che fa la detsra).
    Un'altra considerazione: molti sindaci, come Pisapia, non erano dei politici di profesisone; ma neppure degli antipolitici di professione. E hanno vinto delle primarie vere, autentiche. E la gente li ha premiati.
    Insomma, la sinistra ha ancora tantissime cose da dire a un paese in crisi. Deve solo uscire dalla vergogna di essere se stessa, dal cinismo, e coniugare l'idealità con un pizzicio di pragmatismo. Sembra fcile, ma non lo è...

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