sabato 23 aprile 2011

Considerazioni libere (224): a proposito della Festa della Liberazione...

Sono molto preoccupato. Complice la pasquetta, la giornata tradizionalmente dedicata alle gite fuori porta, al primissimo scampolo di vacanze estive, da qualche anno allo shopping negli outlet e nei centri commerciali, temo che il prossimo 25 aprile - domani, lunedì dell'angelo - passerà tra l'indifferenza generale, che è molto più pericolosa delle polemiche. Negli ultimi vent'anni, in questa lunga ed estenuante fase della vita repubblicana dominata, nel bene e nel male, dalla figura di B., la Festa della Liberazione è stata costantemente attaccata come una festa di parte, come l'ultimo retaggio di un'epoca, la cosiddettta "prima repubblica", che si vorrebbe definitivamente archiviata, in nome di una riconciliazione in cui le differenze verrebbero di colpo annullate: vincitori e vinti di quel conflitto dovrebbero essere ricordati allo stesso modo e con gli stessi onori. Abbiamo ormai sentito così tante volte espressioni come "dobbiamo superare le categorie del Novecento" oppure " la distinzione tra destra e sinistra non ha più senso" che ci hanno quasi convinto che la scelta degli italiani che aderirono alla Repubblica sociale sia stata altrettanto degna di quella degli italiani che scelsero la Resistenza. Non è vero, è una menzogna. Io voglio avere il diritto di essere antifascista e di dirlo con orgoglio; e di avere una giornata in cui celebrare le donne e gli uomini che hanno dato la libertà a questo paese. Io non voglio riconciliarmi con i fascisti, né vivi né morti.
Dopo gli anni delle polemiche, anche violente, contro la Resistenza, in cui si sono enfatizzati i drammi che accompagnano inevitabilmente ogni guerra civile, ho l'impressione che abbiano deciso di moderare i toni e di sostituire la polemica con l'oblio e così l'appuntamento di quest'anno pare segnare un ulteriore passaggio d'epoca. Il 25 aprile diventa sempre più una festa scolorita, innocua, un giorno di vacanza, utile al massimo per sollevare la declinante industria turistica del paese e animare il mercato interno dei consumi, sempre più stazionario. Per inciso quest'anno anche il 1° maggio perderà molta della sua forza evocativa, dal momento che tutta l'attenzione mediatica sarà concentrata inevitabilmente sulla beatificazione di Giovanni Paolo II. C'è un filo che tiene insieme queste due date, perché la nostra Repubblica, nata dalla Resistenza, fu voluta fondata sul lavoro. Questa primavera parleremo assai poco sia di Resistenza sia di lavoro.
Per me è naturale essere in piazza il 25 aprile. L'ho sempre fatto. L'anno scorso ho scelto, con mia moglie, di essere a Monte Sole, un luogo che non ti può lasciare indifferente. Quest'anno la concomitanza delle date e delle festività mi ha portato a essere in Lunigiana, presso i genitori di mia moglie. Anche in questa terra c'è una forte tradizione antifascista. Sarzana, città medaglia d'argento al valor militare, ha dato un grande contributo alla lotta partigiana; voglio ricordare che qui la resistenza al fascismo risale al 1921, per l'eroica reazione dei contadini e anche delle truppe del regio esercito - caso purtroppo isolato - contro le squadracce fasciste. Andrò a una delle manifestazioni che si svolgono qui, come sempre. Certi riti civili sono importanti.
Ci sono molti motivi per essere in piazza il 25 aprile. Vi dico perché io ci vado e voglio continuare ad andarci.
Prima di tutto vado come atto di ringraziamento per coloro che hanno combattuto e di omaggio per coloro che sono morti. La storia è fatta prima di tutto dalle scelte delle donne e degli uomini e quei giovani sentirono di fare una scelta giusta, mettendo in gioco tutto, compresa la loro stessa vita. Vado per ringraziare chi ha testimoniato che c'era un'altra Italia, democratica, contraria alla guerra di aggressione, alle leggi razziali, un'Italia che voleva rinascere libera e giusta, un'Italia che si sarebbe data, dopo pochi anni, una Costituzione di rara bellezza, di cui dovremmo essere fieri.
Vado per dire che quella battaglia non è stata vinta una volta per tutte, ma che è stata combattuta molte altre volte in questo Paese; è stata combattuta contro i tentativi di instaurare regimi autoritari, contro la strategia della tensione durante la stagione delle stragi, contro il terrorismo di matrici politiche opposte, è combattuta ancora contro la criminalità organizzata. E anche queste battaglie hanno lasciato sul campo molti, troppi, morti; altri partigiani.
Vado per dire che dobbiamo fare attenzione, perché la possibilità di un ritorno indietro è un pericolo sempre attuale, come ci insegna purtroppo quello che sta avvenendo in questi stessi giorni in Ungheria. E vado per dire che la lotta per la libertà è qualcosa che ci rende davvero tutti fratelli, perché i giovani che combattono nei paesi dell'Africa settentrionale e del Medio oriente, i pochi coraggiosi che sfidano il regime comunista cinese, quelli che lottano contro le dittature nei loro paesi, dall'Asia all'America latina, sono fratelli e sorelle di quei partigiani che hanno dato a noi la libertà di cui godiamo.
Vado infine per dire che io ci sono e che, con i limiti delle mie capacità e con le troppe debolezze del mio impegno, voglio continuare a esserci.

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