martedì 11 gennaio 2011

Considerazioni libere (196): a proposito di un bambino morto troppo presto...

Il fatto, purtroppo, è noto: Devid, un bambino di venti giorni, è morto di broncopolmonite qualche giorno dopo Capodanno in piazza Maggiore, a Bologna: viveva per strada, insieme ai genitori, al gemello e alla sorella di un anno e mezzo.
La notizia è stata per me, come per molti di voi, un pugno nello stomaco: è stato difficile non commuoversi, come è impossibile, ancora adesso, non incazzarsi, ma è un dovere non cadere nella retorica e nelle frasi fatte. Bisogna provare a capire cosa è successo. Io non lo so, provo a fare delle domande, cercando anche qualche risposta. Il fatto è successo da poco, le notizie sono frammentarie e un po' confuse, e frammentarie sono, giocoforza, queste mie riflessioni.
Primo. E' molto difficile, quasi impossibile, aiutare chi non vuole essere aiutato o chi ne ha paura. La madre di Devid è una giovane donna fragile, che ha vissuto molto, che ha sofferto molto e che probabilmente non è molto consapevole di quello che ha fatto e che fa. Forse non è neppure stata aiutata nel modo giusto. In precedenza, in due momenti diversi, i servizi sociali hanno deciso che non sarebbe stata una buona madre e le hanno tolto due figli, dati poi in affidamento. In seguito a queste esperienze, viveva nella paura che quell'episodio si ripetesse anche con gli altri tre figli. Siamo sicuri che non sarebbe stata una buona madre? Essere poveri non significa per forza essere cattivi genitori, significa soltanto non avere i mezzi sufficienti per far crescere adeguatamente un bambino. E' molto più semplice togliere il figlio a una madre povera piuttosto che fare in modo che quella madre e quel bambino non siano più poveri, magari cercando di insegnarle come essere una madre migliore. Devid è morto anche per questa sorta di determinismo sociale, per cui un povero non può essere un buon genitore.
Secondo. Da quello che emerge in questi giorni i tre bambini e i loro genitori sono stati l'oggetto di alcune mail scritte nel mese di dicembre. Il 13 dello scorso mese, subito dopo il parto, è partita una mail - informale, secondo i medici - dall'ospedale Sant'Orsola indirizzata ai servizi sociali del Quartiere Santo Stefano per sapere se la famiglia era conosciuta; il giorno dopo è arrivata - si suppone in modo altrettanto informale - la risposta affermativa, ma poi le comunicazioni si sono interrotte. Il 30 dicembre gli operatori della biblioteca in cui la famiglia passava le giornate hanno scritto una mail ai servizi sociali del Quartiere Saragozza per segnalare la cosa; la mail è stata girata agli uffici del Quartiere Santo Stefano e nuovamente le comunicazioni si sono interrotte. Probabilmente nessuno è penalmente responsabile, tutti hanno fatto quello che è previsto dalle proprie funzioni, eppure Devid è morto. Le giustificazioni sono molte: il Comune di Bologna è commissariato, i servizi sono decentrati, le risorse sono insufficienti, il personale è poco e comunque ha diritto a fare le ferie, i documenti erano in regola. Probabilmente nessuno di chi ha scritto e letto queste mail ha parlato con la madre di Devid. Un medico che non si fosse limitato a far nascere il bambino, ma avesse parlato con la madre, avrebbe forse preso un'altra decisione e comunque non si sarebbe accontentato di dimettere madre e figli dopo pochi giorni. Ma ormai i protocolli degli ospedali prevedono degenze il più brevi possibile e ritmi di lavoro sempre più intensi.
Terzo. La famiglia di Devid è conosciuta dai servizi sociali del Comune, dalla Caritas, dall'Antoniano, dall'associazione Piazza grande, ma nessuno ha avuto le risorse e le capacità per intervenire. Da alcuni anni, quelli che capiscono ci spiegano che il modo migliore per gestire i servizi è la sinergia tra pubblico e privato, la sussidiarietà variamente interpretata; nessuno di loro però ci ha detto che la somma delle debolezze non fa una forza e qui il caso è del tutto evidente: la somma di tante debolezze non è stata in grado di salvare la vita a Devid.
Quarto. Di chi è la colpa? Naturalmente nessuno dice di essere direttamente responsabile, al massimo fa intuire che qualcun altro potrebbe avere qualche colpa. La incomprensibilmente lodata Commissaria dice che non ha responsabilità e che anzi ha sempre detto che questo modello di gestione dei servizi non funziona; i servizi dicono di non avere colpa, perché dal 30 dicembre , ultimo giorno in cui la famiglia è stata segnalata al 4 gennaio, giorno in cui Devid è morto, "è un lasso di tempo minimo, fra l'altro sono giorni di festa"; i medici dicono che hanno fatto il loro dovere e che anzi, quando è uscito dall'ospedale, stava proprio bene; le associazioni dicono che hanno fatto il possibile e chiedono più risorse, in nome della sussidiarietà; e così via. La colpa si sta spostando sempre più sui genitori, che certamente hanno delle responsabilità, ma sono anch'esse vittime - specialmente la madre - di questa situazione. Io un'idea di chi è la colpa ce l'avrei, ma non vale perché, essendo il solito comunista, penso che sia responsabilità della società, che non tutela né l'infanzia né la maternità, non fa in modo di eliminare la povertà e le diseguaglianze, si dimentica dei tanti Devid che vivono nelle nostre città.

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