domenica 27 giugno 2010

"Odysseus" di Francesco Guccini


Bisogna che lo affermi fortemente
che certo non appartenevo al mare,
anche se dei d'olimpo e umana gente
mi sospinsero un giorno a navigare,
e se guardavo l'isola petrosa,
ulivi e armenti sopra la collina,
c'era il mio cuore al sommo d'ogni cosa
c'era l'anima mia che è contadina;
un'isola d'aratro e di frumento
senza le vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento
il vino e l'olio erano i miei ori.
Ma se tu guardi il monte che hai di faccia
senti che ti sospinge a un altro monte,
un'isola col mare che l'abbraccia
ti chiama a un'altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere
le navi costruii di forma ardita,
concavi navi dalle vele nere
e nel mare cambiò quella mia vita
ma il mare trascurato mi travolse,
seppi che il mio futuro era sul mare
con un dubbio pero che non si sciolse;
senza futuro era il mio navigare.
Ma nel futuro trame di passato
si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l'acqua e al gusto del salato
brucia la mente,
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito,
a ogni incontro redisegnare il mondo,
e perdersi nel gusto del proibito
sempre più in fondo
e andar
e in giorni bianchi come arsura,
soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone e sguardo nella pura
schiuma che lascia effimera una traccia;
e andare nella notte che ti avvolge e
scrutare delle stelle il tremolare
in alto l'Orsa è un segno che ti volge
diritta verso il nord della Polare.
E andare come spinto dal destino
verso una guerra, verso l'avventura
e tornare contro ogni vaticino
contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate
verso altri amori, verso forze arcane
compagni persi e navi naufragate;
per mesi, anni o soltanto settimane?
La memoria confonde e da l'oblio,
chi era Nausicaa e dove le sirene?
Circe e Calipso perse nel brusio
di voci che non so legare assieme,
mi sfuggono il timone, vele, remo,
la fratura tra inizio ed il finire,
l'urlo dell' accecato Polifemo
ed il mio navigare per fuggire.
E fuggendo si muore e la mia morte
sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maledico la mia sorte
non trovo pace.
Forse perchè sono rmasto solo
ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali il folle volo
oltre l'umano.
Le via del mare insegna false rotte,
ingannevole il mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella note
perenne di chi un giorno l'ha cantato,
donandomi pero l'eterna vita
racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita
di entrare in porti sconosciuti prima.

ascoltate la canzone, cliccando qui

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