giovedì 22 aprile 2010

Considerazioni libere (103): a proposito di case e di ferrovie...

In questi giorni in Kenya, in particolare nelle vaste periferie della sua capitale Nairobi si sta consumando, nell'indifferenza dell'opinione pubblica, l'allontanamento di migliaia di persone che vivevano lì da anni. La legittima necessità di potenziare il sistema stradale e ferroviario del paese e la volontà, per molte ragioni giustificata, di allontanare le persone che vivono sotto le linee elettriche hanno spinto il governo ad avviare un grande piano di demolizioni, dalle conseguenze sociali drammatiche e per ora difficilmente prevedibili.
Attualmente a Nairobi più di due milioni di persone - circa il 55% della popolazione totale della città - vivono in 168 insediamenti, che rappresentano però soltanto il 5% della superficie totale della città: questa convivenza forzata, con un'altissima densità demografica, prova grandi problemi dal punto di vista igienico e sanitario. Questi insediamenti sono nati per l'incapacità dei vari governi di affrontare il problema della realizzazione di residenze a basso costo per i poveri; per questa ragione, negli ultimi trent'anni migliaia di residenti hanno invaso le poche terre libere, incluse quelle poste ai lati delle strade, delle linee ferroviarie, dei servizi pubblici, creando delle strutture semi-permanenti. Nel corso degli anni la maggior parte delle famiglie che possiedono degli edifici in queste zone hanno pagato una “tassa” all’amministrazione locale o ai "capi-villaggio" o alla stessa polizia, in cambio di un permesso, più o meno ufficiale, per occupare gli spazi dove vivono. Fino al febbraio del 2004 anche la compagnia dei trasporti ferroviari, la Kenya Railways, ha emesso ricevute per gli "affitti" pagati dalle famiglie che occupavano pezzi di terreno nei corridoi operativi della rete ferroviaria. Evidentamente si tratta di una situazione dai rischi sociali altissimi, ma la soluzione rischia di essere peggiore del male.
Il 21 marzo scorso la stessa Kenya Railways ha pubblicato un annuncio sulla stampa, intimando alle circa 50.000 persone che vivono in una fascia di 30 metri su entrambi i lati della ferrovia, di abbandonare entro 30 giorni le loro case, pena la denuncia se non lo faranno. Trascorso questo periodo, le abitazioni, così come i banchi e le povere attività economiche saranno demolite. Né la Kenya Railways né il governo kenyota hanno offerto a queste persone una sistemazione alternativa dove vivere. Il loro accesso, già estremamente precario, all'acqua potabile e ai servizi igienici sarà ulteriormente compromesso, così come la possibilità di avere servizi sanitari e scolastici. Trenta giorni sono troppo pochi per trovare una nuova soluzione e fatalmente queste persone si trasferiranno in aree già occupate, creando tensioni con gli occupanti precedenti. Da parte delle autorità è mancato qualsiasi tipo di coinvolgimento della popolazione, che è stata semplicemente informata del futuro sgombero e naturalmente c'è il rischio che chi eseguirà gli sfratti, che sia la polizia o personale privato incaricato dalla Kenya Railways, non rispetti i diritti di queste persone.
Questo non è progresso.

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