sabato 20 febbraio 2010

Considerazioni libere (75): a proposito del controllo dell'acqua...

Voglio continuare a parlare di acqua (le precedenti "considerazioni" sul tema sono la nr. 70 e la nr. 72). Dell'acqua infatti non si parla quasi mai, eppure intorno a questa risorsa, sempre più preziosa, si giocano complicate partite di geopolitica.
Il governo della Turchia ha annunciato che nelle prossime settimane inizieranno i lavori per la costruzione della diga di Ilisu; un'opera dai grandi numeri: alta 138 metri e larga 1.820, creerà un lago artificiale di 313 chilometri quadrati e alimenterà una centrale elettrica da 1.200 megawatt di potenza. Questa diga si trova nell'Anatolia sud-orientale, nel Kurdistan turco e fa parte di un progetto ben più complesso che prevede a regime la costruzione di 22 dighe e 19 centrali idroelettriche lungo gli alti corsi del Tigri e dell'Eufrate.
Questo sistema di dighe rischia seriamente di ipotecare i flussi d'acqua verso la Siria e soprattutto verso l'Iraq e quindi di accendere nuove cause di conflitto in un territorio dal precario equilibrio, dove la gestione delle scarse risorse idriche ed energetiche rappresenta un elemento fondamentale.
C'è un altro aspetto molto grave: la realizzazione del bacino costringerà dai 60mila agli 80mila curdi che vivono in quel territorio a lasciare case, terre, attività economiche; e occorre ricordare che i curdi in Turchia vivono già in una condizione di minori diritti rispetto alla maggioranza della popolazione del paese. Le acque seppelliranno diverse città, 290 siti di valori archeologico e soprattutto la città-museo di Hasankeyf, città in cui hanno vissuto nei secoli assiri, romani, bizantini, ottomani e dove ci sono testimonianze di tutti questi passaggi, una delle tappe della "via della seta" verso la Cina: un patrimonio inestimabile che sarà distrutto.
La comunità internazionale ha tentato di protestare e di fermare il progetto; Germania, Austria e Svizzera, che in una prima fase erano coinvolte nella realizzazione delle diga, si sono ritirate nel luglio dell'anno scorso. Il primo ministro Erdogan ha annunciato che le risorse sono state comunque messe a disposizione da due banche turche e quindi i lavori possono riprendere. In fondo la Turchia è un alleato troppo importante e i curdi sono troppo deboli: e così le proteste e gli appelli finiscono per cadere nel vuoto. Da parte del nostro governo c'è in particolare una speciale attenzione verso la Turchia, dettata anche dai notevolissimi interessi economici dell'Eni. E quindi di questo - come di tanto altro - si preferisce non parlare.

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