giovedì 11 febbraio 2010

Considerazioni libere (71): a proposito di parità di genere...

Sui nostri mezzi di informazione (a parte "l'Unità" dove ho letto la notizia) è passato sostanzialmente sotto silenzio - ma era facilmente prevedibile - il rapporto intitolato "People first", redatto da Social Watch, un network che conta organizzazioni in oltre sessanta paesi del mondo, dedicato alla parità di genere. L'Italia non fa una bella figura: secondo l'Indice sulla parità di genere (Gei nell‘acronimo inglese), su una classifica di 157 paesi il nostro scende dal 70° al 72° posto rispetto al 2008. Peraltro non è la prima volta che l'Italia in studi di questo genere, condotti con metodi differenti e incrociando dati diversi, occupa la parte bassa della classifica.
Basta sfogliare distrattamente le pagine di un giornale per capire quale sia la condizione delle donne nel nostro paese. Se prendo il "Corriere della sera" di oggi, in prima pagina sono citate o fotografate due donne: Angela Merkel e Anna Wintour, due donne che hanno un potere vero nei loro campi e sono, naturalmente, straniere. Per quanto riguarda l'Italia le "donne" - citate così, testualmente - sono richiamate nel sottotitolo dell'articolo principale, come mezzo di scambio e favori tra "appalti" e "soldi": è abbastanza chiaro che in Italia comandano saldamente gli uomini.
Torniamo alle questioni del mondo. Dal rapporto di quest'anno emergono due tendenze. La prima è sicuramente negativa: cresce la distanza tra i paesi primi in classifica e quelli, come l'Italia, che stanno decisamente peggio; in sostanza nei paesi dove la parità tra uomini e donne è maggiore si registra una tendenza più netta verso il miglioramento, negli stati con livelli di discriminazione più elevati la tendenza va nel senso opposto. Si potrebbe trarre la conclusione che una società in cui le donne hanno un potere reale è migliore e tende a migliorare; vi invito a leggere - o a rileggere - la "considerazione" nr. 14 in cui dicevo, sulla scorta di una serie di indagini economiche, che nei paesi in via di sviluppo maggiori aiuti alle donne garantiscono una crescita maggiore di tutta la società. La seconda tendenza individuata dal rapporto è il miglioramento registrato dal Gei in alcuni paesi poveri, come il Ruanda: Social Watch ne ricava che un alto livello di reddito non è necessariamente sinonimo di maggiore uguaglianza e che anche nei paesi poveri si possono raggiungere buoni livelli di parità. La prima affermazione è sicuramente vera. Riguardo alla seconda credo che possa esserci anche un rovescio della medaglia: in alcuni paesi la situazione è così difficile da livellare, molto in basso, ogni tipo di differenza.
Gli indicatori utilizzati per stilare il rapporto sono il livello di istruzione, la partecipazione all'attività economica e la concessione di pieni poteri alle donne. Fortunatamente ci sono stati progressi nella sfera dell'istruzione - in genere nei paesi in via di sviluppo, quando ne hanno la possibilità, le ragazze hanno un rendimento scolastico migliore di quello dei loro coetanei maschi - ma purtroppo nell'accesso agli spazi decisionali e al potere, le donne continuano ad avere molte meno possibilità degli uomini, anche quando hanno un più elevato livello di istruzione. Il rapporto registra inoltre che i progressi nella partecipazione all'attività economica registrati nel 2008 sono stati completamente azzerati nel 2009, in particolare nella regione dell'Africa subsahariana.
Nel 2009 ha pesato molto la crisi economica globale. Le donne sono le più esposte alla recessione: hanno un minore controllo della proprietà, sono più numerose nei lavori precari e a cottimo, percepiscono salari più bassi e godono di minori livelli di tutela. Secondo l'Onu il tasso globale di disoccupazione femminile potrebbe arrivare al 7,4%, contro il 7% di quella maschile.
Nello stesso rapporto si analizza l’Indice della capacità di base (Bci in inglese) che studia lo stato di salute e il livello dell’istruzione elementare di ciascun paese. Anche qui i risultati preoccupano: nel 2009 quasi la metà dei paesi analizzati (il 42,1% per la precisione) ha un valore del Bci basso, molto basso o critico. Gran parte delle donne e degli uomini che vivono in paesi in cui i principali indicatori sociali sono immobili o progrediscono troppo lentamente per raggiungere un livello di vita accettabile nel prossimo decennio. C'è sempre più bisogno che le donne diventino protagoniste dello sviluppo.

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