lunedì 11 gennaio 2010

Considerazioni libere (58): a proposito di strade e di memoria...

Capisco i motivi che hanno spinto una politica accorta come Letizia Moratti - subito seguita a Bologna da personaggi molto meno accorti - a proporre di intitolare una via o un parco di Milano a Bettino Craxi: da un lato ha mandato un segnale ai tanti craxiani che l'hanno sostenuta (e la dovranno ancora sostenere) e dall'altro ha creato imbarazzi e alimentato veleni nel campo del centrosinistra. Se ha raggiunto un risultato positivo per sé, non si può certo dire che abbia fatto un gran servizio alla memoria di Craxi e più in generale all'analisi della storia recente del nostro paese. Neppure i figli di Craxi mi pare rendano un gran servizio alla memoria del padre, dando il peggio di sé in polemiche francamente imbarazzanti. Tra le riforme istituzionali prossime venture ci dovrebbe essere il divieto di usare la storia come arma impropria, magari portando da dieci a cinquanta anni dalla morte il tempo necessario per passare dalla cronaca alla toponomastica.
Sinceramente credo non sia giusto intitolare una via a un politico su cui pesano delle sentenze di condanna passate in giudicato e che ha scelto di morire da latitante. Con altrettanta convinzione credo occorra ripensare agli anni in cui Craxi fu un protagonista della scena politica italiana.
Non so quanti altri militanti di sinistra si pongano con frequenza questo stesso mio interrogativo, ma per me il problema cruciale è essenzialmente questo: come mai in Italia, a differenza di tutti gli altri paesi europei, non esiste un partito socialista che abbia la forza e i numeri per governare? Se riguardiamo alla nostra storia recente credo sia innegabile dire che la responsabilità di questa sconfitta epocale ricada sia sul Pci che sul Psi. Francamente adesso mi sembra inutile cercare di quantificare la percentuale di responsabilità: sarebbe un esercizio sterile e innescherebbe soltanto nuove polemiche. Probabilmente Berlinguer non riuscì a capire i cambiamenti che stavano avvenendo nel profondo della società italiana, come invece riuscì a intuirli Craxi, ma nessuno dei due seppe dare le risposte necessarie a quel mondo che cambiava. Forse entrambi erano prigionieri di una storia molto lunga di cui erano gli eredi, una storia fatta di scontri più o meno aperti, di sospetti, di divisioni profonde. Nessuno dei due ebbe la forza e il coraggio di pensare a uno schema diverso, oppure non ne ebbero la possibilità: in fasi diverse cercarono entrambi un accordo con la Democrazia Cristiana e in entrambi i casi la Dc riuscì a imporre loro non solo la propria agenda politica, ma anche il proprio stile politico. E' vero che ci furono fortissimi condizionamenti esterni, il terrorismo, le trame di cui ancora non sappiamo molto, eppure c'è una responsabilità storica di questi due partiti se si è permessa la vittoria delle forze ostili alle riforme, proprio grazie alla divisione delle due forze principali della sinistra italiana.
Io credo che su questo punto non abbiamo ancora riflettuto in maniera sufficiente e non è bastato neppure eludere il problema, come ha tentato di fare la componente della sinistra proveniente dal Pci, ponendo un obiettivo più avanzato con la creazione del Partito Democratico. Se non capiamo perché non siamo riusciti a fare un partito socialista in Italia sarà molto difficile per me fare qualcosa di nuovo.

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