sabato 14 novembre 2009

Considerazioni libere (28): a proposito di Iraq...

Dall'inizio della guerra - 19 marzo 2003 - a oggi sono morti in Iraq 4.680 soldati stranieri, di cui 4.362 statunitensi (dati verificabili nel sito icasualties.org). Dalla stessa data fino al 16 settembre 2009 sono morti 94.049 iracheni, secondo i dati verificati ed elaborati dal progetto Iraq Body Count; se si considerano anche i morti per cui esiste una sola fonte, il numero delle vittime sale a 102.624.

Finora il governo iracheno ha assegnato le concessioni per lo sfruttamento di tre grandi giacimenti petroliferi del paese: Rumaila, Zubair e West Qurna 1; queste concessioni se le sono aggiudicate rispettivamente la compagnia petrolifera britannica Bp, con i cinesi di Cnpc come partner, l'italiana Eni, insieme a statunitensi e sudcoreani, infine il consorzio statunitense formato da Exxon Mobil e Shell. Queste concessioni hanno la durata di vent'anni e possono essere prorogate per altri cinque. Secondo il ministro iracheno del petrolio l’aumento della produzione dei tre giacimenti finora assegnati porterà l’Iraq a superare i 6 milioni di barili al giorno nel giro di 6-7 anni, con un investimento totale di circa 100 miliardi di dollari da parte delle compagnie internazionali. Queste notizie, che sembrano non interessare l'opinione pubblica italiana, si possono confrontare sul sito del progetto Osservatorio Iraq.

Timothy Williams, sul New York Times del 7 novembre di quest'anno, (l'articolo, che vi prego di leggere, si trova tradotto in italiano sempre sul sito Osservatorio Iraq) racconta la condizione degli iracheni che vivono nella città di Bassora, la seconda città del paese, il suo porto più importante e soprattutto al centro dell'area che garantisce l'80% delle riserve petrolifere. Bassora è una città sporchissima, dai rubinetti delle case esce acqua salata, i terreni non possono essere coltivati a causa delle esalazioni di petrolio, il tasso di bambini affetti da tumore è il più alto del paese. Quell'enorme ricchezza non sfiora neppure i quasi tre milioni di donne e uomini che vivono in quella città.

Chi ha perso la guerra?

1 commento:

  1. Caro Luca,
    innanzitutto grazie per aver pubblicato anche questa osservazione, credo che qui ci sia ben poco da aggiungere perchè le tue considerazioni corredate dall'articolo del New York Times illustrano chiaramente la situazione.
    Non mi soffermo come vorrei su queste parole "... e maschi e femmine devono stare insieme, il che ha portato alcuni genitori a tenere la casa le figlie" perchè non è questo l'argomento in discussione, ma le cito perché mi angoscia furiosamente pensare ai maltrattamenti che subiscono quotidianamente quelle povere donne.
    Torniamo a noi.
    Mi azzardo a scrivere che le nostre opinioni sono molto vicine, con la differenza che io avrei scritto un'altra domanda alla fine (perdonami, sono una rompiballine) e cioè "chi ci guadagna e chi subisce le conseguenze di questa guerra?"
    Mi spiego, secondo me nessuno vince e nessuno perde la guerra perchè non credo che la guerra sia paragonabile ad una partita di calcio.
    Io trovo queste battaglie sempre ingiustificate ed ingiustificabili qualsiasi siano le ragioni: l'arricchimento che deriva dal petrolio, il potere della chiesa, la conquista dei territori e via dicendo.
    La guerra devasta, porta miseria, morte, sofferenze e dolori a chi vive in questi paesi a differenza di chi ha il potere politico o economico per decidere i combattimenti, i soggetti in questione ne traggono guadagno a discapito della vita di questa povera gente.
    Cito una frase di Gandhi è utopistica lo so, ma la condivido pienamente:
    "Se i capi riconosciuti dell'Umanità che controllano gli strumenti di distruzione rinunciassero completamente al loro uso, con piena conoscenza delle relative implicazioni, si potrebbe ottenere la pace permanente. Questo è evidentemente impossibile, se le grandi potenze della terra non rinunciano al loro programma imperialistico. E questo sembra a sua volta impossibile, se le grandi nazioni non cessano di credere nella competizione che uccide l'anima e di desiderare la moltiplicazione dei bisogni e, quindi, l'accrescimento dei beni materiali."
    Spero di aver risposto alla tua domanda, però ti rubo ancora un minuto per fare un’altra piccola riflessione.
    Ci sono reati che a mio parere non hanno diritto alla tolleranza e alla semplice incarcerazione, ma andrebbero puniti a dovere, però sono contraria alla pena di morte, perchè ritengo che anche quella, nel suo piccolo, si possa definire guerra.
    Se prendiamo ad esempio un caso di omicidio, l’assassino ed il morto hanno perso la vita e i parenti soffrono, pertanto tutte le persone coinvolte ne subiscono le conseguenze.
    Chi ha deciso per la pena di morte che cosa ha patito? Secondo me niente, però forse ha guadagnato omaggi e/o fama e/o prestigio e/o potere ...
    Buona domenica e grazie ancora.
    Nadia

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