mercoledì 13 luglio 2016

Verba volant (289): binario...

Binario, sost. m.

Nei prossimi giorni saranno valutate - speriamo con discernimento ed equità e senza la volontà di trovare comunque un capro espiatorio - le responsabilità dirette per il terribile incidente ferroviario avvenuto il 12 luglio nelle campagne pugliesi, sulla tratta Corato-Andria. Ma se ci fermeremo a questo livello, a un macchinista o a un capostazione o a un addetto della manutenzione, non avremo fatto alcun passo in avanti per accertare le vere responsabilità di questa tragedia e quei morti saranno gli ennesimi morti di questo sfortunato paese. E non saranno gli ultimi.
Immagino che qualche mio lettore penserà adesso che si tratta del solito discorso che, allargando le responsabilità, finisce per annullarle. E' vero, è il solito discorso, e purtroppo un discorso di questo genere lo hanno già fatto in tanti - in tante altre occasioni - ma evidentemente è stato inutile, se ci ritroviamo puntualmente a dire le stesse cose, a scrivere le stesse cose, ogni volta che succede un fatto del genere. Per qualche giorno il cordoglio sarà molto forte, perfino sincero, poi lentamente la tristezza svanirà - anche perché cominciano le ferie - per lasciare il posto alla consueta indifferenza, aspettando l'anniversario il prossimo 12 luglio. E ci dimenticheremo di loro, come ci siamo dimenticati degli altri. E soprattutto dimenticheremo le ragioni per cui tutto questo è avvenuto.
Le cause di queste morti sono tante, ma credo che una delle più gravi sia che il Mezzogiorno è stato considerato per decenni come una colonia italiana, come una terra da sfruttare, con la complicità delle classi dirigenti di quelle stesse regioni. Giustamente ci scandalizziamo quando leggiamo della corruzione delle élites politiche nei paesi dell'Africa, di come i governi di quei paesi siano dipendenti di quelli dei paesi occidentali o direttamente delle multinazionali che controllano lo sfruttamento delle loro materie prime, lasciando nella povertà la stragrande maggioranza della popolazione. Francamente non c'è poi molta differenza con quello che è avvenuto - e avviene - nel sud Italia. Naturalmente il problema dell'inadeguatezza delle classi dirigenti di questo paese, della corruzione dilagante, dell'affermazione continua degli interessi privati su quelli pubblici, è qualcosa che riguarda tutto il nostro paese - così come l'infiltrazione delle mafie è forte al nord quanto al sud - ma in quelle regioni questo istinto di rapina, favorito anche dal razzismo che le persone che sono nate lì hanno subito e subiscono da parte di noi del nord, è stato sistematico. In quelle regioni costruire una ferrovia o una strada era - ed è - un'occasione per rubare sugli appalti, per ottenere voti, per lucrare sulle terre espropriate, non importa se quella ferrovia o quella strada serva veramente, e, se serve, non importa in che modo venga gestita, anzi quella gestione diventa un'occasione per rubare ancora, per attivare altre clientele, per far arrivare più denaro alle aziende che sfruttano da sempre quel territorio. Una strada, una ferrovia, dovrebbero essere uno strumento di progresso per un territorio, ma a chi ha guadagnato da quella ferrovia non interessa che cresca la ricchezza collettiva, si preoccupa solo della propria. E discorsi analoghi lo potremmo fare per tanti altri settori, dal turismo alla gestione dei rifiuti, fino a un ambito fondamentale come quello agroalimentare.
Quel binario unico lungo la campagna pugliese diventa allora l'immagine e la metafora del nostro sud e dell'intero paese. Un servizio pubblico, eppure gestito da privati - quanti casi conosciamo in cui gli utili sono stati privatizzati mentre le perdite sono rimaste pubbliche? - un servizio ferroviario poco efficiente - così le persone continuano a comprare automobili e si possono costruire nuove strade - servizi pubblici, o presunti tali, gestiti in modo da far crescere gli utili e ridurre le spese, diminuendo il personale, non formandolo, non investendo sulla sicurezza e sulle nuove tecnologie, a meno che non ci sia da acquistare qualche inutile marchingegno da qualcuno dei soliti noti.
Il nostro paese è una malmessa carrozza ferroviaria che viaggia su una rete a binario unico, sperando che quel fonogramma arrivi in tempo o che non ci sia un guasto nell'impianto semaforico. E dobbiamo sperare che non ci arrivi addosso un altro treno, perché c'è qualcuno che specula, perché qualcuno non spende i fondi destinati a raddoppiare la linea, perché c'è qualcuno che ingrassa sui nostri bisogni e sul nostro lavoro.
Alcuni di noi sono cresciuti con le parole di una bella canzone di Francesco Guccini, cantando di quella locomotiva lanciata a bomba contro l'ingiustizia. Ora su quel binario non c'è più traccia di quel ferroviere anarchico che sperava, con il suo gesto folle, di riparare a qualche torto. Su quel binario corre un altro treno, in quella calda mattina di luglio, su quel binario unico tra Corato e Andria, è l'egoismo del capitale che ha scagliato quel treno contro di noi.

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