lunedì 8 febbraio 2016

Verba volant (245): coscienza...

Coscienza, sost. f.

Le parole - l'ho raccontato spesso in questo strano dizionario - cambiano, e la storia di questi cambiamenti ci dice sempre qualcosa di noi, che quelle parole le usiamo, più o meno bene.
In questi ultimi anni sembra che la coscienza sia un'esclusiva delle donne e degli uomini che professano la religione cattolica. Hanno una coscienza quei medici che, nelle strutture pubbliche, si rifiutano di praticare l'interruzione della gravidanza; hanno una coscienza quei funzionari pubblici che non vogliono registrare l'atto di un matrimonio contratto da persone dello stesso sesso; hanno una coscienza quei parlamentari che non voteranno a favore dell'estensione dei diritti civili agli omosessuali, in particolare dell'adozione del figlio del compagno o della compagna. Per questa bizzarra concezione noi atei non avremmo una coscienza, ma agiremmo in base a una qualche pretesa direttiva esterna, costretti da qualcosa che ci priverebbe della libertà di scegliere. Infatti quei medici, quei funzionari, quei parlamentari, invocano la loro libertà di coscienza, gettandocela in faccia, forti delle loro convinzioni e delle loro granitiche certezze. Mi dispiace, non è così. Abbiamo anche noi la coscienza e siamo liberi, quando abbiamo la forza di ascoltarla
La coscienza è una cosa seria con cui ciascuno di noi deve fare i conti, indipendentemente da quello in cui crede o non crede. Capisco che praticare un aborto sia un atto che interroga quel medico, che sia più difficile ed eticamente più sconvolgente che prescrivere un antibiotico, ma non lo è meno per la donna che prende quella decisione, che è la persona a cui dovremmo prestare maggior rispetto e di cui dovremmo preoccuparci davvero. E che ha fatto quella scelta, che riguarda lei e quella vita in potenza che c'è in lei, ascoltando la propria coscienza. Proprio perché l'aborto è una cosa seria, così seria - le donne lo sanno - dovrebbero farsi un esame di coscienza quei medici che fanno gli obiettori nelle strutture pubbliche e poi praticano gli stessi interventi in quelle private, oppure che costringono le loro pazienti a viaggi estenuanti, per cercare quelle strutture dove gli obiettori - che continuano a prendere lo stesso stipendio dei loro colleghi che aiutano le donne - non siano in maggioranza.
Allo stesso modo dovrebbero interrogarsi quei politici che usano la libertà di coscienza per raccogliere un po' di voti a buon mercato, per lanciare messaggi trasversali contro o a favore del governo, per ottenere un posto da sottosegretario o la presidenza di una commissione o qualche altro vantaggio meno confessabile. In merito al tema in questione sapete come la penso: credo che tutte le persone debbano avere gli stessi diritti e quindi credo che le persone dello stesso sesso dovrebbero poter scegliere se sposarsi, costituire un'unione con meno vincoli rispetto al matrimonio o semplicemente non sposarsi, esattamente come dovrebbero poter scegliere le coppie eterosessuali. So che ci sono persone che la pensano in maniera radicalmente diversa su questo punto specifico e ovviamente non ho la pretesa che la mia coscienza valga più della vostra, ma nemmeno sono disposto ad accettare che valga di meno. Poi ci confronteremo sui diritti e vedremo chi la spunterà. Però essere in pace con la propria coscienza significa dire la verità, in maniera esplicita: pensi che le persone omosessuali abbiano meno diritti di quelle eterosessuali? Dillo, senza nasconderti dietro il voto segreto. Il tuo partito vuol fare una battaglia politica su questo tema: dillo, senza fare gesuitiche distinzioni, invocando la libertà di coscienza.
Tra le molte cose di cui mi sono stancato c'è anche il fatto che la mia etica sia considerata un po' meno perché non credo in dio, nel dio in cui crede - o finge di credere - la maggioranza. Chiedo rispetto per la mia etica, anche se è fondata non su principi sanciti da un ente superiore, ma sulla cultura dei diritti delle donne e degli uomini, anche se la mia etica è così terrena, perché legata alla storia delle donne e degli uomini. Ho conosciuto persone che, pur non credendo, avevano principi morali saldissimi, rigidi, e un mio cruccio è non riuscire a seguirli, per debolezza, egoismo, pigrizia, quei difetti che credo di condividere con la maggioranza di voi, perché altrimenti il mondo sarebbe un po' meno peggio di quello che è, se noi fossimo davvero come pretendiamo di essere e come ci descriviamo. Tra questi principi c'è anche credere che le donne e gli uomini siano tutti uguali e che il significato della vita sia lottare affinché questo principio sia realizzato. Tra questi principi c'è anche il cercare di fare bene il proprio lavoro - farlo con coscienza, si usava dire dalle mie parti - perché bisogna avere rispetto di quello che si fa, anche se si puliscono i cessi. Tra questi principi c'è anche l'avere coscienza di classe, del fatto di essere parte di un popolo che lotta e cercare di fare la propria parte per continuare quella lotta. Tra questi principi c'è anche il coraggio di dire la verità, nella propria famiglia come nel mondo. Poi è difficile guardare nella propria coscienza, a volte non è uno spettacolo edificante, siamo liberi anche di non farlo, ma siamo più liberi quando lo facciamo.

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