martedì 5 maggio 2015

Verba volant (182): collaudare...

Collaudare, v. tr.

Come alcuni di voi sanno, qualche anno fa io facevo un altro mestiere: a Bologna organizzavo le feste popolari del più grande partito della sinistra italiana. E' stata un'esperienza importante - direi fondamentale - nella mia formazione politica - e non solo - a cui sono molto legato, ma non è di questo che voglio parlare. Tra le altre cose mi occupavo anche degli allestimenti, coordinando il lavoro sia dei volontari organizzati dal partito sia delle aziende a cui dovevamo necessariamente rivolgerci per realizzare feste anche molto grandi. Pochi giorni prima dell'apertura le strutture dovevano essere completate per essere collaudate e quindi controllate da una commissione pubblica incaricata specificamente di questo. Naturalmente, anche dopo il collaudo, rimanevano diverse cose da fare, spesso mentre in una zona della festa si svolgeva l'inaugurazione, in altre qualcuno stava ancora lavorando per finire le ultime cose, per dare gli ultimi ritocchi, ma in sostanza le strutture più grandi dovevano essere pronte.
Ricordo questa fase con tensione. A volte erano controlli burocraticamente capziosi, rivolti più a verificare che le "carte" fossero in regola che a esaminare effettivamente la corretta realizzazione delle strutture. In alcuni casi i tecnici che facevano parte di queste commissioni erano palesamente poco competenti e quindi i loro controlli poco significativi, ma più spesso si trattava di un controllo serio e accurato. Di cui comunque anche quei tecnici erano responsabili. D'altra parte eravamo noi i primi a collaudare le strutture, perché un qualsiasi incidente, anche lieve, avrebbe significato un danno di immagine molto forte; avevamo una particolare attenzione per la sicurezza, non solo perché lo prescrivevano le norme, ma perché ci importava, per chi lavorava e per i visitatori. Quindi cercavamo di fare ogni lavoro - anche i meno importanti - con particolare diligenza, nel tempo in cui era necessario farlo. Ho imparato in quegli anni che l'antico adagio la gatta frettolosa fa i gattini ciechi è assolutamente vero. Solo quando c'erano tutti i collaudi e la commissione aveva dato il proprio benestare arrivava l'autorizzazione per aprire al pubblico la festa.
Come ho detto, non faccio più questo lavoro da qualche anno e sinceramente non so come ci si regoli adesso, ma immagino che per Expo sia stata seguita una procedura un po' diversa. Chissà se qualcuno ha collaudato o collauderà i padiglioni? Chissà se qualcuno andrà mai a controllare come sono stati eseguiti i lavori, che tipo di materiale è stato usato, se gli impianti elettrici sono a norma, se le cucine rispettano le norme igieniche? Spero di sì, ma temo di no, visto che i giornali ci hanno informato che si è lavorato tutta la notte del 30 aprile per finire alla meglio i padiglioni. Ma, al di là della comprensibile necessità di aprire comunque i cancelli il 1° maggio, per non fare una figura di merda davanti al resto del mondo, tutta questa manifestazione è stata vissuta dal nostro paese come una sospensione autorizzata delle regole.
Anche quando una parte della magistratura ha dimostrato che gli appalti erano pilotati, si è andati avanti lo stesso, perché Expo doveva aprire; comunque. Per garantire il funzionamento della manifestazione sono state sospese le normali regole del mercato del lavoro, che già in Italia normali non sono, eppure per Expo sono ulteriormente peggiorative, ovviamente a danno dei lavoratori. Expo è stata ed è la giustificazione di ogni cosa. Un autorevole ministro ha detto che non dovrebbero esserci scioperi durante Expo. E così via. Le regole sono sospese: l'importante è che Expo funzioni e che l'Italia faccia una bella figura davanti al mondo.
Non so come andrà questa manifestazione. Al di là di quello che pensano alcuni miei "amici", non sono uno di quelli che si augura vada male, e soprattutto spero non ci siano incidenti, anche se la caduta di una lamiera dal padiglione turco a poche ore dall'inaugurazione non è stato un bel segnale. Ma, comunque vada, Expo è già un'occasione perduta per l'Italia. In un paese così refrattario alle regole, in cui vige, a tutti i livelli, l'irresponsabilità, in cui le leggi sono vissute come un intralcio e quelli che le trasgrediscono sono ammirati, perché più furbi, una manifestazione così doveva essere vissuta come una sfida: facciamo Expo, ma rispettando le regole. Questo sarebbe stato il vero "cambio di passo" per il nostro paese, e non le banalità pomposamente propagandistiche che il Pinocchio di Rignano va dicendo in questi giorni, mescolando Steve Jobs e la retorica fascista: Dio, innovazione e famiglia. Avremmo vinto la sfida di Expo se fossimo stati disposti a collaudare quelle strutture, se fossimo stati disposti a realizzarle rispettando le regole, imponendoci noi stessi delle norme stringenti, a partire dai tempi di consegna, che invece - da bravi italiani - non abbiamo rispettato. Avremmo dovuto mostrare a noi stessi - prima ancora che al resto del mondo - che potevamo realizzare qualcosa di grande, qualcosa di bello, imponendoci delle regole. Invece le abbiamo, come al solito, violate. Anzi usiamo Expo come giustificazione per violarle. E continueremo a farlo. Come nell'apologo della rana e dello scorpione: perché è nella nostra natura.

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