domenica 1 marzo 2015

Verba volant (169): acqua...

Acqua, sost. f.

Come sapete, da qualche anno vivo in una piccola città - che amo - in cui l'acqua è molto importante, anzi è il bene primario, la fonte - non solo metaforica - della ricchezza di questa comunità. Pensandoci è curioso che io, che vengo dal paese del latte, sia arrivato proprio qui. Comunque sia, l'acqua è solo una delle due risorse di Salsomaggiore e di Tabiano, perché l'altra è il lavoro degli uomini - e delle donne - che quell'acqua l'hanno saputa - e la sanno - usare. E anche qui potremmo fare una qualche analogia con il latte, che non viene soltanto dalle mucche - come forse qualcuno di voi crede - ma anche dal lavoro delle donne e degli uomini. Per tornare al tema di questa definizione, senza il lavoro la nostra acqua sarebbe soltanto un liquido, formato dalla combinazione dell'idrogeno con l'ossigeno, arricchita con tutti i minerali che la natura le ha regalato; è il lavoro che la fa diventare quell'acqua per cui Salsomaggiore e Tabiano sono conosciute in Italia e in Europa da più di un secolo.
L'azienda, pubblica, che gestisce le terme di Salsomaggiore e di Tabiano sta per fallire. Le ragioni di questa lunga crisi sono molte e non è questa la sede per affrontarle in maniera dettagliata. C'è prima di tutto la crisi del termalismo in Italia, che ha coinvolto praticamente tutte le realtà come la nostra; poi a quella crisi qualcuno ha saputo reagire meglio e qualcuno, come Salsomaggiore, decisamente peggio. C'è stata l'incapacità e l'invadenza della politica e c'è stata una responsabilità dei lavoratori, che hanno troppe volte approfittato di una situazione privilegiata, senza mettersi mai in discussione. Terme di Salsomaggiore e Tabiano è un'azienda pubblica e quindi condivide i vizi di questo tipo di attività che, almeno in Italia, sono tutte destinate al fallimento.
Soprattutto in gran parte della nostra comunità c'è stata una notevole mancanza di lungimiranza, di saper vedere oltre alla contingenza del momento, e quindi quando le cose hanno cominciato ad andare male - dal momento che c'erano, nonostante tutto, ancora risorse e mezzi - molti hanno fatto le cicale, pensando che i tempi belli sarebbero tornati. I tempi belli non sono tornati e adesso siamo al punto in cui siamo. Non mi interessa però affrontare la storia del perché le terme siano sostanzialmente fallite - vivo qui da poco e quindi rischio di sbagliarmi o di dire cose banali - anche perché questo immagino interessi poco a chi ha la pazienza di leggermi e non è di Salsomaggiore. E non ho nemmeno la presunzione di avere la soluzione per risolvere il problema: mi pare siano già troppi quelli che sanno esattamente cosa fare, soprattutto quelli che a posteriori avrebbero saputo cosa fare. Almeno mi pare che, a questo punto, tutti - o quasi - si siano resi conto che stavolta è davvero finita: e un po' di realismo non credo faccia male.
Mi interessa invece fare una riflessione che credo riguardi tutto il nostro paese, proprio partendo da quello che succede qui, nella mia città.
Capisco che valga il detto a mali estremi, estremi rimedi e che quindi una soluzione possibile sia quella di trarre un beneficio dalla risorsa che c'è, ossia l'acqua. E' vero: l'acqua è una risorsa tangibile, è una cosa che può essere immediatamente venduta; e immagino ci siano già le persone interessate a comprare questo nostro bene, per poi rivendercelo. Ma siamo davvero disposti a "salvarci", vendendo - o svendendo - l'acqua?  E poi, chi può vendere l'acqua, visto che l'acqua è di tutti?
Guardando quello che succede in Italia, evidentemente non sono bastati 26 milioni di "sì" per trasformare il sistema di gestione del servizio idrico italiano. Quel referendum è stata un'occasione persa, anche perché, nonostante il 54% degli elettori abbia detto di essere contrario a qualunque forma di privatizzazione, non è stata fatta una norma a livello nazionale che regoli la materia. E quindi ogni territorio si muove come gli sembra più conveniente: ci sono regioni, come l'Emilia-Romagna e la Toscana, in cui il referendum è stato del tutto ignorato e, in alcuni casi, si è addirittura ridotta la partecipazione pubblica nelle multiutility. In questo paese, nonostante le energie che si sono messe in moto a partire proprio da quel referendum, non c'è una cultura dei beni comuni, mentre esiste - anzi è addirittura dominante e pervasiva - un'idea mercantile, per cui tutto può essere comprato e venduto, tutto ha un prezzo. Dobbiamo imparare che non è così, che ci sono cose che non hanno prezzo, semplicemente perché non possono essere vendute. In Grecia, quando c'era l'altro governo, i tecnici del Fondo monetario internazionale hanno inventariato e messo un valore, seppur simbolico, agli scavi archeologici, alle foreste e a tutti gli altri beni naturali. Poi si sono affrettati a spiegare che questo non significava che quei beni sarebbero stati venduti; ma se non li vuoi vendere o pensi che non possano essere venduti, perché determini un prezzo? E' la logica ad essere radicalmente sbagliata.
L'altra questione, per cui mi pare che Salsomaggiore racconti - in piccolo - quello che succede in Italia, è che si considera il lavoro solo come un costo e mai come una risorsa. Eppure - come ho detto all'inizio di questa definizione - l'acqua senza il lavoro non esiste. Al di là di quello che avviene qui, a me la cosa che preoccupa di più è che non si parta mai dal lavoro. Oggi il governo di questo paese "festeggia" il +0,1% di crescita, analisti e commentatori aspettano come oracoli gli indici delle borse, pare che lo spread determini la vita o la morte di un governo, ma nessuno di questi numeri misura il lavoro e infatti può succedere che a un aumento della crescita non corrisponda ad esempio un aumento del numero di occupati o un aumento dei salari. Anzi la diminuzione dei salari, insieme alla erosione dei diritti, è vista come un elemento di crescita. E quindi per tornare alla vicenda della mia città faccio davvero fatica a considerare una buona opportunità per Salsomaggiore, per la sua comunità, una soluzione che preveda decine di licenziamenti, condizioni di lavoro e salario peggiori per quelli che rimangono, oltre a una drastica eliminazione di diritti.
Ovviamente capisco che a questo punto i sacrifici siano indispensabili, lo capiscono quasi tutti. Per altro in questi anni alcuni i sacrifici li hanno già fatti, ad esempio i cassintegrati a zero ore; e spiace dover ricordare che se alcuni - i soliti - hanno fatto sacrifici, altri ne hanno fatti molti meno, ad esempio i manager che hanno portato l'azienda al punto in cui siamo ora. E quindi sarebbe ora che i sacrifici fossero "spalmati" con un po' più di equità.
In questi giorni le soluzioni vengono prospettate come ineluttabili, le uniche soluzioni "tecniche" possibili. Magari il messaggio è condito da qualche paternalistica pacca sulla spalla, ma il senso è chiaro: o mangi questa minestra, o salti... Come sapete, io non credo che esista una soluzione unica, altrimenti non si capirebbe a cosa serve la politica, credo che possano esserci percorsi diversi, che forse ci porteranno - purtroppo - a un esito, socialmente duro, simile a quello prospettato dai "tecnici", perché i danni a cui rimediare sono davvero tanti. E anche in questo Salsomaggiore sembra un po' l'Italia. E se provassimo a ragionare, usando categorie diverse? Proviamo a partire dalla tutela e dalla valorizzazione dei beni comuni e dalla difesa dei diritti del lavoro, sicuro ed equamente retribuito. Magari salta fuori qualcos'altro: a Salsomaggiore e in Italia.

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