lunedì 14 aprile 2014

Verba volant (81): rappresentare...

Rappresentare, v. tr.

Questo è un verbo difficile da spiegare, anche se, all'apparenza, tutti noi ne conosciamo i diversi significati. Tento comunque l'impresa, sperando nella vostra benevolenza.
Deriva, come è facile immaginare, dal latino repraesentare, composto dalla particella re, che vale di nuovo, e dal verbo praesentare, ossia rendere presente. Il primo significato, quello etimologico, è quindi, secondo la dottrina del Pianigiani, a cui spesso attingo per le voci di questo mio povero vocabolario:
render presenti cose passate o lontane
I miei amici amanti del teatro - per non parlare di quelli che calcano le scene - credo abbiano immediatamente pensato a questo significato del verbo, che infatti viene usato per indicare chi sostiene la parte di un personaggio, assumendone le vesti e la figura. Da qui si passa, per facile analogia, al suo significato politico, che probabilmente è venuto subito in mente ad altri amici, appassionati di questa nobile arte - o scienza, a seconda delle interpretazioni.
Certo anche la politica è rappresentazione. L’attuale presidente del consiglio è un politico che rappresenta, con notevole efficacia - lo devo ammettere, per quanto l’uomo mi sia profondamente antipatico - una parte, quella dell’ingenuo di talento, della pecora in mezzo ai lupi. L’uso delle parole, dei gesti, è studiato nei minimi particolari proprio per apparire naturale e spontaneo. Qualcuno, dopo aver visto una delle sue televendite, potrebbe dire che è un perfetto rappresentante, un venditore porta-a-porta di riforme; almeno ai rappresentanti possiamo non aprire, lui invece ci piomba in casa sempre e comunque.
Non è ovviamente il primo e non sarà l’ultimo, anzi la rappresentazione è una componente ineliminabile della politica. I grandi comizi di Berlinguer erano anch’essi rappresentazioni, con migliaia di personaggi, ciascuno dei quali aveva una parte, anche minima; i suoi funerali sono stati una grandiosa rappresentazione popolare, probabilmente l’ultima grande della sinistra italiana. Consapevole e dichiarata. Così come i congressi del Psi all’epoca di Craxi erano rappresentazioni, spettacoli, al netto dei nani e delle ballerine. Disturba quando questa onestà manca, quando si confondono volutamente i piani, come fa appunto l’ex sindaco di Firenze, fingendo che una rappresentazione non ci sia.
A me però oggi interessa di più ragionare della rappresentanza, ossia dell’altro significato fondamentale di questo verbo.
Chi mi rappresenta, in Comune, in Regione, nel parlamento italiano ed europeo, a ogni livello e in ogni sede - vale anche per il sindacato ovviamente - è colui che interviene in mia vece e a mio nome, assolve le funzioni che io dovrei compiere e agisce per conto mio. Capite che è difficile scegliere una persona a cui delegare un tale potere, deve essere qualcuno di cui ho la massima fiducia, qualcuno che possibilmente conosco.
Questo è un punto vitale della democrazia, perché sarebbe certamente bella la democrazia diretta, sarebbe probabilmente auspicabile in un mondo perfetto, ma - assunto ormai come acquisito che il nostro non è un mondo perfetto - non è un sistema realizzabile. Noi abbiamo bisogno di farci rappresentare da qualcun altro. Ovviamente il tema è capire attraverso quali meccanismi noi selezioniamo questi rappresentanti; oltre naturalmente a decidere fino a che punto può spingersi il loro mandato. Per questo non è oziosa la discussione sulla riforma della legge elettorale, come qualcuno a volte tenta di convincerci, dicendo che “ben altri” sono i problemi.
Mi è venuto in mente di trattare questo verbo, perché in questi giorni nella mia città è scoppiata una durissima polemica tra Federico Pizzarotti e il leader del suo partito, Beppe Grillo, proprio in merito ai criteri con cui sono stati scelti i rappresentanti di quel movimento per le liste del parlamento europeo. La notizia ha avuto una qualche eco anche a livello nazionale, ma ne riporto brevemente i contenuti. Come noto Grillo, Casaleggio e il “cerchio magico” che guida quel partito hanno deciso di avviare una consultazione attraverso la rete che ha raggiunto il risultato per loro straordinario - per altri osservatori, più o meno ostili, deludente - di aver fatto votare poco più di 33.000 persone. Il sindaco grillino di Parma, prima sommessamente poi con un po’ più di coraggio, ha criticato questo metodo, dicendo che praticamente nessuno dei prescelti aveva mai partecipato ad incontri di partito nel territorio.
Se fossi stato un cittadino di Parma nel 2012 probabilmente non sarei andato a votare per il ballotaggio per l’elezione del sindaco: non avrei potuto scegliere votare né il “vecchio” Bernazzoli né il “giovane” Pizzarotti, troppo del peggior Pd il primo, troppo grillino il secondo. Se diventassi cittadino di Parma nel 2017 molto probabilmente voterei per il secondo mandato di Pizzarotti. Nel frattempo io non sono diventato grillino, anzi Grillo mi diventa ogni giorno che passa più umanamente antipatico e politicamente distante, né il sindaco è diventato un fenomeno. Semplicemente, vedendo quello che fa attraverso le lenti di un’informazione che non gli è certo amica, essendo finanziata dall’Unione industriali, mi sembra che lui e la sua amministrazione stiano facendo il possibile nelle condizioni date, che sono davvero difficili.
Chi amministra la città ducale in questi anni non solo deve fare i conti con i debiti lasciati dalle pessime amministrazioni precedenti, ma soprattutto condivide con tutti gli altri sindaci italiani la sostanziale abolizione dei Comuni - a cui, per ragioni politiche, non è riservato il trattamento subito dalle Province - ma che si sono visti di fatto togliere poteri, risorse, capacità di gestione. Questa ultima vicenda ha ribadito il mio giudizio positivo su Pizzarotti, ribattezzato da Grillo “Capitan Pizza” e di fatto sfiduciato in questi giorni, con gran gioia delle iene del Pd che pregustano già di cibarsi della carogna del sindaco morente: oltre a questo, poveretti, non sanno fare.
Per tornare comunque al tema della rappresentanza il punto portato da Pizzarotti è valido e meriterebbe un’attenzione in più, al di là delle polemiche. L’attività sul territorio è un criterio con cui scegliere quelli che ci dovrebbero rappresentare. E’ più facile, se ci abbiamo lavorato insieme - anche solo per qualche ora - se lo abbiamo conosciuto, anche soltanto per un caffè, dare un giudizio su una persona, decidere se ci possiamo fidare di lui, se gli possiamo delegare il nostro potere, in sostanza se può fare le nostre veci. Altrimenti dobbiamo affidarci unicamente alla rappresentazione, al modo in cui chi chiede la nostra fiducia è capace di porsi. E in questa rappresentazione è più facile nascondere un inganno. Naturalmente si possono prendere cantonate incredibili anche con il primo sistema; a me è successo qualche volta - quando facevo un altro mestiere - di dare un giudizio positivo di qualcuno con cui avevo lavorato insieme, che poi si è rivelato un perfetto cretino. Ma sono state decisamente di più le scelte azzeccate.
Una volta questo era uno dei compiti che avrebbero dovuto svolgere i partiti. Non sempre lo facevano, spesso lo facevano male, ma a volte lo facevano bene. Mettevano le persone in condizione di conoscere quelli a cui stavano per delegare la propria rappresentanza. Ora naturalmente questo ruolo non lo svolgono più, perché si preferisce la cooptazione oppure il sistema delle primarie, che non ha a che fare per nulla con la rappresentanza, ma sta tutto dentro l’ambito della rappresentazione.
Che il tema della rappresentanza non l’abbiano affatto risolto neppure quelli che - come Grillo e il suo guru - si autoproclamano ideologici della “nuova politica”, oltre i partiti, e che l’abbia sostanzialmente eluso il “rottamatore” del partito, l’uomo che ha completato il suicidio del Pd - che infatti ha deciso le liste per le europee a tavolino, senza nessun tentativo, neppure mascherato, di coinvolgere i territori - mi rende paradossalmente contento e in qualche modo mi tranquillizza. Neppure i “geni” del secolo nuovo hanno trovato il modo di sostituire, almeno teoricamente, i partiti del secolo scorso e la loro idea di rappresentanza, che in qualche modo, carsicamente, continua a vivere: qualcosa di buono evidentemente c’è ancora.

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