venerdì 9 luglio 2010

Considerazioni libere (139): a proposito di una nuova etica civile...

Alcune persone affermano che il nostro paese sta scivolando, in maniera ormai inesorabile, verso una forma di governo populista e autoritaria e c'è chi comincia a parlare apertamente di regime. Purtroppo ci sono diversi elementi che sembrano suffragare questa allarmante tesi: le cronache di questi anni - e di questi ultimi mesi in particolare - presentano molti segnali, che non credo sia necessario richiamare, dal momento che me ne sono già occupato in altre mie precedenti "considerazioni".
E' vero che fortunatamente l'impianto costituzionale, nonostante i diversi tentativi, per lo più pasticciati e confusi, di riformarlo, è sostanzialmente ancora quello disegnato dai padri costituenti ed è anche vero che questa Repubblica, pur con tutti i suoi limiti, ha subito già in passato attacchi violenti, a cui ha saputo resistere.
C'è però adesso qualcosa che mi allarma: la caduta di attenzione sul tema dei diritti. Formalmente nel nostro paese vigono i diritti enunciati nella prima parte della Costituzione, ma attorno a essi c'è una sempre più scarsa tensione positiva. Provo a riportare qualche esempio.
Primo esempio. Questo governo, interpretando gli umori e le convinzioni della grande maggioranza del paese, ha stipulato un accordo con la Libia che permette alle forze dell'ordine di respingere in mare le persone che tentano di sbarcare sulle nostre coste, senza verificare se abbiano i requisiti per richiedere l'asilo politico, e di farli tornare nei porti libici da cui verosimilmente sono partiti. Il problema da molti sottaciuto è che in Libia non c'è un governo democratico, ma una dittatura e ora questa apparentemente secondaria questione è venuta a galla. E' stato scoperto il centro di detenzione di Braq, nel sud della Libia, dove erano rinchiusi in condizioni inumane 247 profughi eritrei, tra cui donne e bambini. Le autorità internazionali hanno denunciato le torture e i maltrattamenti subiti da queste persone e il rischio che siano rimandati in Eritrea, il paese da cui erano fuggiti perché perseguitati per le loro opinioni politiche o il loro credo religioso. Certo non tutti coloro che sono passati per il campo di Braq avevano tentato di venire in Italia, ma qualcuno certamente ci sarà e questo rende il nostro paese responsabile verso di loro, almeno di omissione, per non aver controllato le loro storie e per sostenere apertamente un regime dittatoriale come quello di Gheddafi.
Secondo esempio. In Italia non esiste un sistema carcerario degno di un paese civile. E il fatto che la situazione sia altrettanto grave in altri paesi europei non può bastarci come giustificazione. Il caso di Stefano Cucchi, il lungo elenco di suicidi di giovani senza nome, perché quasi mai hanno l'onore delle cronache, sono lì a ricordarci che esiste un problema enorme su cui non sappiamo intervenire, ma su cui pare non si voglia nemmeno intervenire. Nella maggioranza di questo paese non c'è una tensione morale su tema così rilevante.
Terzo esempio. Due giorni fa le forze dell'ordine non hanno saputo - mi auguro che sia andata così e che non emerga un disegno più fosco - gestire una difficile situazione nelle vie di Roma. E' normale che i cittadini abruzzesi siano esasperati: da più di un anno dal sisma sono state trovate solo soluzioni di emergenza e non è ancora cominciata la ricostruzione, mentre sui giornali emerge un quadro inquietante di responsabilità su quegli stessi che hanno gestito la fase di emergenza. Chi doveva gestire l'ordine pubblico a Roma pensava che fossero andati nella capitale in gita? Oppure si è convinto che in Abruzzo va tutto bene, come sostiene la maggioranza governativa? Bisogna ribadire che manifestare è un diritto e che chi manifesta non è un "rompicoglioni".
Purtroppo questo elenco potrebbe essere più lungo. L'art. 1 della Costituzione con quel forte richiamo al lavoro rischia sempre più di essere un esercizio di retorica.
Bisogna ripartire dai diritti, se non vogliamo che la situazioni tenda sempre più a peggiorare. Bisogna far crescere un'etica dei diritti, una consapevolezza dei diritti, un orgoglio dei diritti. Bisogna non dimenticare di esercitarli.

Nessun commento:

Posta un commento